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Circola da un po’ di tempo un saggio, agile per durata e denso nei contenuti, sulla contraffazione di opere d’arte. L’approccio è prismatico e il lettore – non necessariamente un addetto ai lavori, anche se il volume di Massimiliano Croce può rappresentare uno strumento di lavoro – è accompagnato in un ragionamento storico e tecnico che fa i conti con un fenomeno ampiamente influenzato da due variabili umane: il gusto e la riprovazione sociale (non sempre – va detto – solerte). Autenticità e provenienza sono boccette sul tavolo verde del mercato dove s’incontrano operatori, speculatori, truffatori e insospettabili che contribuiscono ad accreditare ciò che vero non è e a gonfiare la bolla delle quotazioni: «le contraffazioni costituiscono ad oggi una larga parte del mercato globale dell’arte, mettendo in dubbio persino opere presenti nei canali ufficiali e istituzionali». E Croce lo scrive con cognizione di causa e di coscienza: è ufficiale dell’Arma dei Carabinieri e comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli.

Ma, se la pratica di realizzare copie e repliche è antica tanto quanto l’arte stessa, cosa distingue un falso? Il dolo. È un «oggetto realizzato con la precisa intenzione di ingannare l’acquirente riguardo l’autore, all’epoca e alla sue caratteristiche in generale». Sculture, dipinti e reperti archeologici sono le prime “vittime” a venir in mente, ma nei secoli – come ripercorre l’autore – anche opere letterarie e codici, gemme, pietre, cammei e reliquie non sono state risparmiate dalla tentazione di essere copiate, spacciate per vere e vendute. «L’alternarsi delle mode e del gusto nel campo dell’arte ha contribuito a sollecitare la fantasia e la creatività dei falsari, facendo sì che in ambito artistico qualsiasi oggetto venisse riprodotto e commercializzato come autentico ai non esperti». E poi c’è la sottile linea che demarca una falsificazione e un restauro, un ritocco e un rifacimento, e la carrellata di nomi, come Alceo Dossena, Icilio Federico Joni, Han van Meegeren, Wolfgang Beltracchi, Robert Driessen o Mark Landis, e vicende che hanno “movimentato” il mercato. «In questo ambito risulta sempre più efficace il costante monitoraggio di mostre e Fondazioni, le cui attività in alcuni casi si intrecciano con l’autenticazione e messa in circolazione di opere risapute essere false. Dal punto di vista delle investigazioni, inoltre, cruciali e ormai indispensabili sono divenute le indagini patrimoniali e in materia fiscale, da sempre campanello di allarme di traffici illeciti».

E le soluzioni? Expertise e condivisione dei saperi, chimica analitica e tecnologia sempre meno invasive sono le frecce dell’arco di professionisti e investigatori, al lavoro per accertare l’autenticità di un’opera, alle quali l’autore offre un’ampia panoramica nel terzo capitolo: «A tutti questi strumenti di indagine i falsari opporranno tecniche sempre più elaborate, impiegando materiali antichi, servendosi di trucchi sempre meno evidenti all’occhio fisico e a quello chimico, onde la storia della falsificazione e della scoperta dei falsi si può dire accompagni e solleciti quella delle scoperte di nuovi mezzi di indagine fisica, chimica e storico artistica».

Lo scorrere del tempo è nemico: dalla pubblicazione a oggi sono sopraggiunti due fatti importanti come, a marzo 2022, l’inserimento di un nuovo titolo e 17 articoli in materia di reati contro il patrimonio culturale (Legge 9 marzo 2022 n. 22) nel codice penale; e la sentenza che lo scorso 15 giugno ha assolto i sei imputati del processo sui presunti i Modigliani falsi esposti al Palazzo Ducale di Genova nel 2017. L’impatto della nuova normativa, nella fattispecie dell’articolo 518-quaterdecies, e le conclusioni a cui sono arrivati i giudici potrebbero, del tutto o in parte, cambiare il taglio degli ultimi due capitoli proprio dedicati a Il fenomeno dei falsi Modigliani (con intervista a Carlo Pepi) e alle leggi.

Infine c’è un passaggio di questo lavoro su cui sommessamente ci permettiamo di dissentire: «Ai giorni d’oggi il traffico illecito di opere d’arte, nonostante un valore prettamente culturale dato dall’ordinamento al nostro patrimonio, è secondo soltanto a quello degli stupefacenti, e come volume d’affari viene prima anche a quello delle armi». L’informazione è del tutto infondata, circola da almeno cinque decenni, è periodicamente rilanciata e riportata molto spesso anche su paper e documenti della Commissione europea e dell’Unesco, di Interpol e di altre forze di polizia. Questa approssimazione è stata tiepidamente contestata in diverse occasioni ed è stata oggetto di un recentissimo studio, The illicit trade in antiquities is not the world’s third-largest illicit trade: a critical evaluation of a factoid, condotto da Donna Yates, archeologa, criminologa e docente dell’Università di Maastricht, e Neil Brodie, archeologo e senior research fellow presso l’Università di Oxford.

In mano abbiamo già un solido punto di partenza, chissà che tra qualche tempo non ci si trovi a sfogliare una nuova edizione, rivista e aggiornata: è una “sfida” alla portata di questo nostro Carabiniere dell’Arte.

SCHEDA

Autore: Massimiliano Croce

Titolo: I falsi d’arte. Aspetti storico-artistici, criminologici e normativi. Il caso Modigliani

Editore: libreriauniversitaria.it

Anno edizione: 2022

Pagine: 131

EAN: 9788833594507

Prezzo: E 13,90

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