La nuova crociata dell’estrema destra britannica contro la restituzione dei Marmi Elgin

Mentre la Grecia rinnova l’appello per la riunificazione delle sculture del Partenone, l’opposizione della destra radicale britannica riaccende il dibattito sulla legittimità storica e giuridica delle collezioni acquisite in epoca coloniale

(Tempo di lettura: 2 minuti)

La controversia internazionale sulla restituzione dei marmi del Partenone, ospitati al British Museum, si arricchisce di un nuovo capitolo polemico con l’irruzione della destra radicale britannica nel dibattito. Esponenti del partito euroscettico guidato da Claire Bullivant e Ben Habib hanno annunciato l’intenzione di avviare azioni legali per impedire qualsiasi accordo tra il Regno Unito e la Grecia volto al rientro delle sculture ad Atene. A motivare l’iniziativa vi è, secondo quanto dichiarato, la necessità di proteggere un presunto interesse nazionale e di evitare quella che viene definita una “svalutazione” del patrimonio museale britannico.

Le dichiarazioni si inseriscono in un clima già teso, dopo che l’ex ministra degli Esteri Liz Truss ha espresso preoccupazione per le possibili implicazioni di una restituzione, temendo l’apertura di un precedente giuridico che potrebbe innescare ulteriori richieste da parte di altri Paesi. L’episodio evidenzia la resistenza, da parte di una certa area politica britannica, a un processo di riconciliazione con la storia coloniale e le sue implicazioni sul patrimonio culturale detenuto dalle istituzioni occidentali.

I cosiddetti “Marmi Elgin” furono rimossi dal Partenone tra il 1801 e il 1812 da Thomas Bruce, ambasciatore britannico presso l’Impero ottomano, che all’epoca occupava la Grecia. Le sculture furono successivamente acquistate dal British Museum, dove sono tuttora conservate. Da decenni il governo greco e la comunità archeologica internazionale chiedono il ritorno delle opere, sottolineando l’unità artistica e simbolica del monumento e l’idoneità del Museo dell’Acropoli a ospitare i reperti nel contesto originario.

I Marmi Elgin nella serie di francobolli emessa nel 2022 (Foto: Serena Epifani)

Nonostante la crescente pressione diplomatica e l’opinione pubblica sempre più favorevole al rimpatrio, la posizione del British Museum rimane ambigua. Ufficialmente, l’Istituzione parla di prestiti temporanei e collaborazione culturale, ma evita qualunque riconoscimento formale di responsabilità storica. In questo scenario, l’azione della destra radicale appare come un tentativo di consolidare una narrazione identitaria fondata sul possesso permanente dei beni culturali, ignorando il principio, ormai consolidato a livello internazionale, secondo cui il patrimonio culturale non può essere trattato come bottino di conquista.

L’intervento politico assume connotati particolarmente allarmanti nel contesto di un crescente movimento globale per la decolonizzazione dei musei e la restituzione dei beni culturali illecitamente acquisiti. Da Berlino a Parigi, passando per Londra e Bruxelles, le principali istituzioni museali europee sono ormai chiamate a confrontarsi con richieste legittime di rimpatrio e di riparazione storica. La Grecia non rivendica semplicemente dei manufatti: chiede giustizia culturale e simbolica, il riconoscimento di una ferita ancora aperta e la ricomposizione di un capolavoro architettonico e artistico mutilato.

Nel momento in cui la politica tenta di ostacolare un processo di dialogo internazionale, invocando argomentazioni di sovranismo culturale, la questione dei marmi del Partenone si trasforma in un caso emblematico di conflitto tra conservazione e restituzione, tra possesso e diritto, tra memoria coloniale e responsabilità contemporanea. In gioco non c’è solo il destino di un gruppo di sculture, ma la credibilità dell’intera comunità internazionale nella tutela e nella restituzione del patrimonio culturale globale.

Ultimi articoli publicati

error: Copiare è un reato!