Sulla Madonna in trono con Bambino di Castelli (TE), restaurata dopo il sisma del 2016 e non ancora rientrata
Donna del sorriso e madre del silenzio, ora pro nobis…
(Ave Maria, Verbum Panis)
Castelli è un piccolo comune in provincia di Teramo, compreso nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Questo piccolo borgo antico ha varie attrattive paesaggistiche, culturali e devozionali. Nel XVI secolo, vi è stata edificata la chiesa intitolata a San Giovanni Battista, dove, all’interno di una nicchia, era custodita, fino a qualche anno fa, una pregevole scultura lignea di una Madonna con Bambino in trono, risalente al XII secolo.

Questa statua fu lì trasportata dall’abbazia benedettina di San Salvatore in Castelli, distrutta dal terremoto nel 1845. Il sisma sembra un motivo ricorrente in una vicenda che, recentemente, è balzata agli onori della cronaca per la lettera degli abitanti di Castelli, rivolta, qualche mese fa, al Presidente della Repubblica, in cui si sollecita il ritorno della statua.
A questo punto è necessario un passo indietro. Anzitutto rassicuriamo i lettori: il prezioso manufatto è al sicuro. Per fortuna non è stato sottratto, danneggiato, illecitamente esportato.
Nel 2009, a seguito dell’evento sismico che ha duramente colpito l’Abruzzo, la scultura è stata messa in sicurezza, per prevenirne l’esposizione a possibili ulteriori danni, su disposizione della locale Soprintendenza. Nel 2016, lo stesso ente ne ha curato il restauro, al pari di tanti altri oggetti che sono stati temporaneamente custoditi in contesti diversi dai luoghi di provenienza ma idonei per una loro conservazione, in vista della restituzione.
La querelle sembra in effetti focalizzata sulle lungaggini di queste procedure tecnico-amministrative che, tuttavia, devono anche tenere conto delle condizioni in cui versa il sito di provenienza, ovvero se sia in grado di custodire il bene con le dovute accortezze, proprio a seguito degli impatti del terremoto e del connesso rischio di ulteriori eventi tellurici che funestano un territorio geologicamente esposto a queste calamità.
Da una parte quindi l’ente di tutela vuole essere certo, anche sulla base delle disposizioni del Codice dei Beni Culturali, di ricollocare, ai fini della migliore valorizzazione, il bene culturale ecclesiastico in questione. D’altra parte l’amministrazione del piccolo centro teramano e i suoi cittadini, atteso il completo ripristino della chiesa ospitante, lamentano il ritardo di questo prospettato evento e che ciò, in qualche modo, penalizzi il rilancio culturale di Castelli, come purtroppo spesso accade per i piccoli borghi montani: nonostante la loro bellezza, come ormai noto, sono spesso spopolati e abbandonati, un evento da evitare in ogni caso.
Che fare dunque? Parafrasando Fabrizio De André, “Rivolgersi all’ordine costituito”. In questo caso il massimo esponente, visto che gli appelli precedenti pare siano andati a vuoto, seppur rivolti alle autorità politico-governative regionali e nazionali.
La scultura attualmente si trova a L’Aquila, al Museo Nazionale d’Abruzzo (MuNDA) dove, assicurano gli organi di tutela, è nelle previste condizioni di conservazione e fruizione. La Diocesi di Teramo, che deve occuparsi del bene non solo dal punto di vista strettamente culturale ma anche devozionale, assicura che la parrocchia è pronta a ritornare in possesso del pregiato manufatto sebbene siano, a quanto pare, ancora da ultimare alcuni adeguamenti, non eseguiti per mancanza di fondi.
Insomma, senza entrare nei tecnicismi, privilegiando la concretezza: è l’ennesima questione di soldi? Diciamolo chiaramente, non vi è nessuno scandalo e non si punta il dito contro nessuno.
È bene invece dire che prendersi cura del nostro patrimonio culturale implica anche l’impiego di risorse economico-finanziarie spesso rilevanti. Manutenere, intervenire, restaurare, movimentare e trasportare un bene culturale è un’operazione complessa e, al netto delle procedure burocratiche, onerosa. Questo pare dunque il nocciolo della questione e questa vicenda ci consente di ricordarlo, per sensibilizzare le figure competenti ai vari livelli e le coscienze di tutti.
In realtà, da alcune indiscrezioni, pare non siano poche le situazioni analoghe ancora pendenti. Ci stupisce? Purtroppo teniamo conto che, a distanza di sedici anni dal rovinoso terremoto che ha sconvolto l’Abruzzo e tutti noi, la ricostruzione è ancora a rilento e vi sono criticità tuttora da risolvere, anche con riferimento all’incolumità delle persone: si pensi alle migliaia di studenti che hanno dovuto ancora seguire le lezioni all’interno dei container.
Le richieste di aiuto sono molte, ahinoi perfino troppe, e hanno migliaia di voci: di Presidente della Repubblica ne abbiamo uno e già si spende parecchio in vari ambiti, nei limiti imposti dal suo ruolo istituzionale, per come previsto dalla nostra Costituzione di cui è massimo garante, ma non può compiere miracoli. Ricordiamo nello specifico l’art. 89: Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo [CFC. art. 76, 77] e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
In definitiva la politica, l’apparato amministrativo e gli altri organi preposti devono fare il loro, partendo dall’assunto democratico che in questi casi sarebbe meglio procedere dall’alto verso il basso e poi viceversa, in un mutuo flusso di dinamiche virtuose. L’ambito culturale, in questo senso, non può passare, come spesso accade, in secondo piano o essere un’eccezione.
Forse è arrivato il momento di una preghiera davvero corale.

Columnist – Cultural Heritage Expert