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“La ricerca di provenienza ha lo scopo di ricostruire, nel modo più accurato e completo possibile, la catena di produttori, proprietari o custodi di un oggetto dal suo primo trasferimento di proprietà al giorno d’oggi” (Pennock, Meijer, 2025).

Da questa recente definizione si deduce cosa sia la provenienza, la cui importanza e il significato verranno investigati in questa nuova rubrica. Si può dedurre infatti che essa coinvolga una tipologia di informazioni da ricostruire trasversalmente e interdisciplinarmente, essendo legata a diversi contesti storico-sociali in cui l’oggetto investigato passa e vive, divenendo non solo lente storiografica ma anche strumento di riflessione etica sulle pratiche collezionistiche e del mercato dell’arte. 

Guardando all’etimologia, la radice provenire indica l’origine di qualcosa, termine che può essere declinato sia come provenance, intesa come linea di trasmissione acquisitiva, che, come provenience, variazione indicante il punto geografico e il contesto di ritrovamento di un manufatto in tempi moderni (Joyce, 2012). 

A fine Settecento in Gran Bretagna, contemporaneamente alla nascita delle prime case d’asta, era già in uso quello che definiamo provenance, parola che indicava il rintracciamento dell’origine di un oggetto che stava transitando sul mercato o presente in una collezione (Feigenbaum, 2012). L’interesse strumentale della ricerca di provenienza era legato alla sua proporzionalità con il valore, il prestigio e l’autenticità dell’oggetto stesso. Sotto questa declinazione, la provenienza diventa sinonimo di pedigree o genealogia sfruttata dalle strategie commerciali di mercanti capaci di influenzare il gusto, la qualità e i legami tra collezionisti (Pergam, 2012). 

Di conseguenza, questa tipologia di indagine faceva parte del processo esperto di connoisseurship, di autenticazione e attribuzione basato su una comparazione stilistica. Le informazioni di provenienza, infatti, costituiscono una prova (pseudo)oggettiva data da indizi raccolti dal contesto d’origine, da segni lasciati sull’oggetto come anche da una variegata gamma di fonti documentarie e letteratura secondaria. Ad esempio, nell’ambito antiquario e nel collezionismo di arti grafiche il primo dizionario di marchi di collezionisti fu pubblicato da Fritz Lugt nel 1921. 

Al di fuori del mercato, la ricerca di provenienza ha assunto una forte rilevanza quando alcuni Paesi (Occidentali) hanno dovuto fare i conti retrospettivamente con la propria storia segnata da espropriazioni illecite di proprietà legittimate da forme di governo rappresentanti sbilanciamenti di potere. Mi sto riferendo in primis alle confische naziste fondate su discriminazioni razziali e alle relative vendite di proprietà ebraica “under-duress”, come anche alle predazioni coloniali di oggetti ‘etnografici’, campioni o persino resti umani per fini dimostrativi e di studio. 
D’altra parte, la giustificazione teorica di tale metodologia d’indagine si può ritrovare non solo nella Scuola di Francoforte, ed in particolare negli scritti degli anni Trenta del Novecento di Walter Benjamin, ma anche nella storia sociale e antropologica dell’arte ispirata da testi come La vita sociale delle cose (1986) di Arjun Appadurai e al rinnovato interesse storiografico per la storia del mercato e del collezionismo. Nel contempo, anche nella disciplina archivistica si struttura e afferma il principio di provenienza che sostituisce quello tematico per rispettare l’origine del fondo catalogato (Sweeney, 2008). 

La fine del secolo scorso segna il punto cruciale a partire dal quale la ricerca di provenienza assume rilevanza non solo per la storia sociale e del gusto, ma soprattutto per la sua valenza politica nel ristabilire la giustizia verso singoli cittadini o Paesi ingiustamente privati del proprio patrimonio culturale.

Dal punto di vista etico e normativo i principi di riferimento per la ricerca di provenienza di ciò che viene chiamata “Nazi-looted art” sono gli undici dibattuti Washington Principles on Nazi-Confiscated Art del 1998, da cui si sono avviati progetti di ricerca all’interno di istituzioni pubbliche (soprattutto negli Stati Uniti, in Germania, nei Paesi Bassi e in Francia) che si sono trovate a gestire pressanti richieste di restituzione di proprietà rubata normalmente caduta in prescrizione. In campo archeologico, la Convenzione UNESCO concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali (1970) segna spesso il punto di svolta per l’implementazione di leggi nazionali che impediscono il traffico illecito di materiale archeologico e la formazione di appositi apparati di polizia dedicati ai beni culturali (preceduto nel 1969 dal nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri in Italia). Da notare, quindi, che tali convenzioni non vincolanti necessitano di essere implementate (e quindi interpretate) dal punto di vista legislativo nei singoli contesti nazionali. È inoltre necessario ricordare in linea di principio che nelle cosiddette common law countries anglosassoni, l’acquisizione di un oggetto il cui titolo di proprietà è illegale diventa nulla, non avvenendo un’effettiva trasmissione di proprietà. Al contrario, nelle nazioni fondate sul diritto napoleonico si tende a legittimare il titolo di proprietà se acquisito in bona fide.

Formalmente l’indicazione di provenienza, volendo essere precisa e oggettiva, adotta un linguaggio e un codice semantico standardizzato espresso da una lista di persone – proprietari, case d’asta e mercanti –, date di acquisizione, punti e virgola e punti che necessitano una lettura appropriata non solo dal punto di vista tecnico ma anche dal punto di vista della sua lettura storica. L’applicazione della concezione di “biografia dell’oggetto” o “itinerario dell’oggetto” permette di ritrovare dettagli sull’interazione di tali oggetti con individui e comunità appartenenti a diverse culture materiali e visive. Nei prossimi articoli andremo ad esplorare le modalità di ricostruzione della provenienza per comprenderne a fondo il potere e valore. 

Bibliografia di riferimento 

Appadurai, Arjun. The Social Life of Things: Commodies in Cultural Perspective. Cambridge University Press, 1986. 

Benjamin, Walter. Unpacking My Library, 1931. http://tems.umn.edu/pdf/Benjamin-3-11-Unpacking%20My%20Library.pdf.

Berman, Amanda. “What Is Provenance?.” Getty News, 8 April 2022. https://www.getty.edu/news/provenance explained-why-it-matters-who-owns-art/.

Chapman, H. Perry, and Thijs Weststeijn. “Connoisseurship as knowledge. An introduction.” Nederlands Kunsthistorisch Jaarboek (NKJ) / Netherlands Yearbook for History of Art, Vol. 69 (2019), pp. 6-41. https://www.jstor.org/stable/10.2307/26844982

Feigenbaum, Gail, and Inge Reist. “Introduction.” In Provenance: An Alternate History of Art. Getty Research Institute, 2012, pp. 1-5. 

Feigenbaum, Gail. “Manifest Provenance.” In Provenance: An Alternate History of Art. Getty Research Institute, 2012, pp. 6-27. 

Joyce, Rosemary A. “From Place to Place: Provenience, Provenance, and Archaeology.” In Provenance: An Alternate History of Art. Getty Research Institute, 2012, pp. 48-59. 

Muscarella, Oscar White. “‘Ziwiye’ and Ziwiye: The Forgery of a Provenience,” Journal of Field Archaeology, Vol. 4, No. 2 (Summer, 1977), pp. 197-219. https://www.jstor.org/stable/529647

Pennock, Hanna, Renata Meijer. “Provenance research into collections from a colonial context. A guide.” Cultural Heritage Agency. Ministry of Education, Culture and Science, 2025. https://english.cultureelerfgoed.nl/publications/publications/2025/01/01/provenance-research-into-collections-from-a-colonial-context—a-guide

Pergam, Elizabeth A. “Provenance as Pedigree: the Marketing of British Portraits in Gilded Age America.” In Provenance: An Alternate History of Art. Getty Research Institute, 2012, 104-122. 

Sweeney, Shelley. “The Ambiguous Origins of the Archival Principle of ‘Provenance.’ Libraries & the Cultural Record, Vol. 43, No. 2 (2008), pp. 193-213. https://www.jstor.org/stable/25549475

Yeide, Nancy H. “Introduction.” In Vitalizing Memory. International Perspectives on Provenance Research. American Association of Museums, 2005. 

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