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Gioiello tra le infinite meraviglie del Parco Archeologico di Pompei, la Villa dei Misteri, fino a otto mesi fa era letteralmente soffocata, stretta tra due costruzioni, anche quelle – per quanto possa apparire incredibile – nell’area del Parco: un ristorante, il “Bacco e Arianna”, proprio di fianco, e l’altra, appollaiata su un terrazzamento, incollata giusto alle spalle della grande casa patrizia.

La demolizione delle due costruzioni (avvenuta in due tempi), per ordine della Procura di Torre Annunziata con un finanziamento del Parco Archeologico, apre la strada a nuove importanti scoperte archeologiche nell’area immediatamente adiacente e sottostante alla Villa dei Misteri, ma porta con sé anche tanta amarezza. Sono state scoperte delle violazioni che i predatori di antichi reperti e tesori archeologici hanno potuto pianificare e condurre sistematicamente nel corso di circa quarant’anni, non visti e partendo dalle cantine della costruzione abusiva affacciata sulla villa. Il procuratore della Repubblica di Torre Annunziata Nunzio Fragliasso e il direttore del Parco Archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel hanno deciso di raccontare l’accaduto e parlare dei prossimi passi di Procura e Parco in una conferenza stampa congiunta: c’è infatti tanto ancora da salvare, e va spiegato quanto sia significativo il risultato della collaborazione tra istituzioni per l’abbattimento degli immobili abusivi che ricadono nelle aree interne al Parco di Pompei ma anche all’esterno degli scavi archeologici, sottoposti alla vigilanza del Parco. Una collaborazione che va avanti da tempo anche nella lotta ai criminali saccheggiatori del patrimonio culturale. La direzione del Parco Archeologico – hanno spiegato  Il direttore e il procuratore – ha avviato subito una ricognizione lungo gli scavi sotterranei compiuti dai tombaroli tra la Villa dei Misteri e la costruzione abusiva occupata da componenti della famiglia Jovanovic, a carico dei quali è in corso un processo.  

Uno dei cunicoli praticati dai tombaroli.

La Procura di Torre Annunziata contesta agli imputati l’accusa di aver creato i tunnel che hanno consentito il saccheggio degli ambienti della servitù e, diremmo oggi, di servizio della villa romana. Contestazione respinta dalla difesa, secondo cui gli scavi clandestini erano precedenti all’arrivo degli Jovanovic. Stando a quanto avrebbe accertato l’esplorazione (compiuta a più riprese dagli archeologi del Parco di Pompei, dal consulente della Procura e dai vigili del fuoco) si tratterebbe di più cunicoli, alcuni richiusi, altri ancora accessibili, partiti nella seconda metà degli anni ’80. I tombaroli hanno incontrato il criptoportico, attraversato e pesantemente danneggiato, poi hanno lesionato, mandato in frantumi e asportato affreschi di cui sono state trovate tracce insieme a resti di vasellame e a una notevole quantità di materiale di riporto dello scavo clandestino. Materiale misto a buste di plastica, sigarette, un piccone e buste delle patatine con scadenza al 1987. 

Il direttore del Parco ha affermato che, comunque, ora che sono state eliminate le costruzioni abusive sarà possibile riportare alla luce quelli che paiono nuovi ambienti, magari non così splendidamente affrescati, ma sicuramente importanti. Sono necessari però finanziamenti che consentano di concludere il lavoro – ha spiegato Zuchtriegel – che si è anche soffermato su altre importanti iniziative archeologiche che purtroppo devono fare i conti con il peso dell’attività dei tombaroli. Come è accaduto a via Civita Giuliana, già area di importanti scoperte, dove di recente sono stati ritrovati quello che pare essere il passaggio di un grande ingresso della villa, un tetto molto ben conservato con le tegole, un ambiente riccamente decorato. E però, proprio lì, sono state rinvenute anche le tracce devastanti degli scavi illegali, del passaggio dei predatori di reperti archeologici che – ha evidenziato Zuchtriegel – si sono “accaniti in maniera feroce” praticando buchi e saccheggi ovunque, danneggiando calchi. Quello che per loro non aveva valore veniva distrutto. L’attività investigativa della Procura e dei Carabinieri però non si ferma, ha aggiunto il procuratore Fragliasso. La caccia ai predatori di reperti continua e raccoglie i suoi frutti: sono 19 i siti di scavi illegali individuati. E molti sono recenti. Risultati che lanciano comunque contemporaneamente un monito: il saccheggio clandestino del patrimonio archeologico – per di più sfacciato come nel caso di Pompei – rimane un’emergenza.

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