Le porcellane Kaumheimer: una restituzione senza “lieto fine”

Nel 1936 Julius Kaumheimer e la sua famiglia, ebrei tedeschi scappati da Stoccarda e dalla Germania nazista, trovano rifugio in Alto Adige/Südtirol e si stabiliscono a Merano. Tre anni più tardi, con l’emanazione delle leggi razziali, sono costretti nuovamente a fuggire: via dall’Italia e via dall’Europa, si dirigono negli Stati Uniti ma, alla dogana meranese, la preziosa raccolta di porcellane settecentesche, di cui Kaumheimer è esperto ed appassionato collezionista, viene sequestrata per tentato contrabbando. Inizia qui un’altra storia

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È il primo febbraio 1939 quando tra le masserizie della famiglia Kaumheimer viene trovata «nascosta in un mobile tra la biancheria» una raccolta di 69 statuette di fine porcellana: animali, personaggi della commedia dell’arte e della mitologia, figure singole e piccoli gruppi, tutti pezzi di straordinaria fattura che rappresentano le migliori manifatture tedesche del XVIII secolo. Meissen, Frankenthal, Ludwigsburg, Höchst e i capolavori in stile rococò di Franz Anton Bustelli per Nymphenburg. Julius Kaumheimer ne è un raffinato conoscitore e, grazie anche ai consigli e all’intermediazione di Gustav E. Pazaurek, direttore del Landesgewerbmuseum di Stoccarda dal 1905 al 1932, acquista all’asta nella seconda metà degli anni ’20 diversi oggetti dalle più significative collezioni tedesche, imprimendo il proprio gusto alla raccolta. Le porcellane, poste sotto sequestro, vengono trasferite a Trento presso la Soprintendenza e stimate in 48.580 lire (secondo il Rapporto generale della “Commissione Anselmi”, 44.880 lire secondo le ricerche di archivio condotte da Giovanni Dellantonio, The Kaumheimer Case: Constitution, Requisition, Restitution and Dispersion of a Collection of Porcelain Art from 1930s to the Present Day) dal soprintendente Antonio Rusconi. Il 15 aprile l’Intendenza di Finanza di Bolzano ne dispone la confisca in favore dello Stato italiano, in applicazione della Legge n. 364 del 20 giugno 1909 che disciplina l’esportazione degli oggetti di arte antica. Rusconi trasmette la documentazione al Ministero dell’Educazione Nazionale e grazie al suo interessamento, sottoposto alla diretta attenzione del ministro Giuseppe Bottai, le porcellane entrano a far parte della collezione del Museo Provinciale d’Arte presso il Castello del Buonconsiglio. Restaurate con i frammenti inviati in una scatola dalla dogana di Merano, restano in custodia a Trento per 64 anni (salvo andare in prestito nel 1963 per una mostra a Monaco di Baviera), fino al 2003. Di Julius Kaumheimer, della moglie Selma Landauer, dei figli Fritz, Hans e delle gemelle Ruth e Margaret, si perdono le tracce.

La famiglia Kaumheimer

Solo nell’estate del 1991, in occasione della mostra Da Meissen a Nymphenburg. Porcellane del Settecento al Castello del Buonconsiglio (27 giugno-20 settembre), la raccolta Kaumheimer può essere ammirata e «come merita» valorizzata «nel quadro della campagna di revisione e catalogazione del patrimonio museale». Lo studio condotto da Alfred Ziffer, specialista monacense in storia della porcellana, presenta «in modo organico una raccolta di porcellane di eccezionale prestigio sia per l’altissima qualità di ogni singolo pezzo, sia per il prezioso spaccato che offre sull’attività delle migliori manifatture tedesche del Settecento». E la vicenda dei Kaumheimer riemerge dopo oltre cinquant’anni di oblio.

Passano altri due lustri. Il 30 aprile 2001 vengono pubblicate le oltre 500 pagine del Rapporto generale prodotto dalla Commissione per la ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato in Italia le attività di acquisizione dei beni dei cittadini ebrei da parte di organismi pubblici e privati, presieduta da Tina Anselmi. Il 5 ottobre dello stesso anno, la Giunta della Provincia Autonoma di Trento guidata da Lorenzo Dellai, con la Delibera n. 2563, assegna all’Unione delle Comunità ebraiche italiane la collezione di porcellane Kaumheimer. Valore 2 milioni di euro. «La restituzione di una parte dei beni sequestrati agli ebrei, o il loro eventuale indennizzo, non mettono certamente fine ad una tragedia la cui eco deve anzi continuare a risuonare», esordirà Dellai nel discorso in occasione della Giornata della Memoria del 2002. «Tuttavia io credo che essa possa contribuire a rendere almeno in parte visibile, e tangibile, le discriminazioni e le violenze a cui gli ebrei furono sottoposti dal nazifascismo, nel quadro della cosiddetta Soluzione finale, ovvero il genocidio. Perciò ho percorso senza indugio la strada che porta oggi la Provincia Autonoma di Trento a compiere questo passo. E perciò auspico che altre amministrazioni in Italia facciano lo stesso. Perché sono convinto che misurarsi, tutti noi, con il male commesso allora, significa prendere in considerazione non solo l’universo delle ideologie che quel male hanno prodotto. Ma calarsi anche nella realtà più “ordinaria” degli oggetti, dei numeri, delle contabilità ordinaria dei soprusi. Perché questo è stato l’Olocausto: l’orrore tradotto in quotidiana prassi operativa. In gesti, azioni, decisioni ripetute con ottusa precisione e perlopiù da funzionari probi, da quelli che uno storico ha definito “volenterosi carnefici”. La decisione del Trentino di restituire questa preziosa collezione di porcellane, finora conservata al Castello del Buonconsiglio, alla comunità ebraica, è insomma il modo per ribadire, anche se tardivamente, la nostra opposizione a quella ottusità omicida. Essa deve ricordarci innanzitutto che esistono dei principi morali che nessuna legge può infrangere, ed in questo senso poco importa sapere in che misura la confisca delle porcellane effettuata dai funzionari doganali ai danni di Kaumheimer fosse o meno giuridicamente “corretta”».

Vetrinetta delle porcellane in casa Kaumheimer

Il 25 giugno 2003 si tiene la (seconda) cerimonia di restituzione presso il Castello del Buonconsiglio. Gli eredi Kaumheimer donano, in segno di riconoscenza, una porcellana della manifattura di Höchst alla Provincia Autonoma di Trento e due statuette (l’avvocato e un cherubino vestito come Flora) alla Comunità ebraica di Merano. Il resto della collezione viene smembrata e battuta all’asta a Londra da Christie’s nel dicembre di quello stesso anno e ancora nel dicembre 2007. Alcuni pezzi importanti vengono devoluti dalla famiglia al Fine Arts Museum di San Francisco e altri al Bayerisches Nationalmuseum di Monaco di Baviera. Tre aste, due a San Francisco e una a Londra, nella seconda metà del 2014, contribuiscono alla definitiva dispersione della raccolta.

In diversi teatri trentini, nel periodo tra il 19 gennaio e il primo febbraio 2019, va in scena Un raccolto tutto d’oro, lo spettacolo scritto e diretto da Renzo Fracalossi, prodotto dal Club Armonia, che denuncia il «furto organizzato e pianificato» nazifascista delle ricchezze e dei beni appartenuti agli ebrei rastrellati, arrestati e deportati in tutta l’Europa occupata. «Certamente alcuni grandi finanzieri come gli Hyrschel o i Rotschild – scrive Fracalossi – riuscirono a salvare una certa parte dei loro beni, attraverso complicate trattative finanziarie con i tedeschi, ma furono casi isolati. Per il resto, tutto venne depredato ed alla fine della guerra, in assenza dei legittimi proprietari diventati “fumo grasso”, i beni rapinati furono incamerati da banche, compagnie assicurative ed istituzioni finanziarie e culturali dal Baltico al Mediterraneo, che in larga parte ancora li possiedono. Pochissime furono le restituzioni ai legittimi proprietari o ai loro eredi e fra esse spicca la straordinarietà del caso trentino della collezione di ceramiche settecentesche di proprietà della famiglia ebrea tedesca residente a Merano, i Kaumheimer, sequestrate e conservate al Museo del Buonconsiglio di Trento per oltre sessant’anni ed infine restituite agli eredi legittimi, con un atto forse unico in Italia». Sul palco salgono dunque le storie – e la tragica fine – delle sorelle Sarah, Esther e Nicole Bloch, dei gioiellieri Rachele e Angelo Anticoli e dei coniugi Julius e Selma Kaumheimer.

A Trento qualcuno ancora ricorda (e rimpiange) quelle porcellane.

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