La tutela del patrimonio culturale tra le priorità di una nazione moderna

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Atteso l’interesse internazionale sul tema della tutela dei beni culturali, ed alla lotta  contro la criminalità presente nel settore, intervengo con questo breve articolo per parlare ancora del modello istituzionale italiano specializzato nel particolare campo. La periodica conoscenza dei risultati conseguiti da uno Stato nella tutela del proprio patrimonio culturale e quindi nella lotta alla criminalità contro i beni culturali, deve essere uno degli obiettivi più importanti da conseguire. Sapere quanti beni d’arte sono stati recuperati, quali e quanti responsabili sono stati individuati, è indispensabile per valutare se le iniziative intraprese sono idonee, se i mezzi a disposizione sono adeguati e se la politica nazionale di tutela ha bisogno di nuove soluzioni.

Per poter valutare la gravità di un fenomeno delittuoso, siamo tutti d’accordo che bisogna far riferimento a fonti di informazione attendibili e valide, che si basino su dati concreti, eventi e luoghi definiti. Anche nel campo del fenomeno del traffico illecito non si può avere una esatta visione se non si hanno dati documentati che provino realmente l’andamento dei reati, l’aumento o la diminuzione, per esempio delle esportazioni o del commercio illecito di beni culturali.

Reperti archeologici sequestrati dal TPC in seguito all’Operazione”Andromeda” ed esposti al Colosseo nel giugno 2010 (Foto: Roberto Lai).

Un’attività di tutela basata su affermazioni vaghe sarebbe sbagliata perché priva di riferimenti attendibili per individuare mezzi di contrasto appropriati. Qual è allora la fonte informativa di cui uno Stato deve disporre per valutare l’entità di un’attività criminosa interna e fare una corretta analisi dell’attività di contrasto? La fonte informativa per eccellenza è quella costituita da un archivio di reati accertati. Chi deve fornire i dati a questo archivio? Tutti gli organi istituzionali, i privati o chiunque venga a conoscenza di un evento delittuoso che riguarda le opere d’arte. Da chi deve essere gestito? Dalla polizia, più particolarmente da una polizia specializzata nei reati contro il patrimonio culturale nazionale (art. 5 Convenzione UNESCO 1970).

Nello scenario internazionale al momento, sono ancora pochi gli Stati che, anche se sottoscrittori della Convenzione UNESCO, hanno costituito una adeguata forza di Polizia speciale. In alcuni Stati infatti vi sono solo poche unità operative, in altri esiste addirittura la difficoltà a individuare concretamente i reati contro i beni culturali in quanto i casi vengono archiviati come reati generici contro il patrimonio.

Sorge d’obbligo la domanda: ma allora chi contrasta il traffico illecito di opere d’arte? Non bastano certo le buone intenzioni né la sottoscrizione di Convenzioni internazionali o la restrizione di leggi doganali. La risposta è che necessitano uomini e mezzi che abbiano conoscenza specifica della materia, che conoscano gli obiettivi passivi (i Musei, le chiese, i privati, i siti archeologici, etc.) e che siano capaci di condurre le indagini per scoprire mandanti ed esecutori dei reati.

I detective dell’Arte da tempo hanno perfezionato, grazie alla collaborazione delle Soprintendenze Archeologiche, un piano di intervento di carattere preventivo, al fine di porre in essere una serie di azioni tese a localizzare e tutelare, preventivamente, quei siti archeologici terrestri e marini particolarmente a rischio di aggressioni di tipo vandalico e depredativo da parte dei tombaroli (criminali dediti al saccheggio dei reperti archeologici). Una mirata attività preventiva contro il fenomeno dello scavo clandestino, grazie alla collaborazione dei locali elinuclei e delle unità navali, ha progressivamente permesso di fissare degli obbiettivi da inserire sugli itinerari verso le località archeologiche di maggiore interesse: sono scaturite attività di vigilanza, finalizzate soprattutto a prevenire ulteriori danneggiamenti ed attività illecite quali il trafugamento ed il commercio di oggetti archeologica. Queste attività vengono effettuate tramite servizi di cooperazione con l’impiego di elicotteri e unità ippomontate dell’Arma, al fine di prevenire i reati in aree archeologiche terrestri particolarmente sensibili (Puglia, Sicilia, Basilicata, Lazio etc.). Inoltre, durante gli anni, la collaborazione si è estesa al personale dei servizi per l’archeologia subacquea, nonché ai funzionari delle Soprintendenze Archeologiche – Sezioni Marine, per l’attività di recupero o gli interventi su reperti localizzati in acque territoriali che hanno interessato anche le unità navali e i nuclei subacquei dell’Arma. 

Una opportuna strategia di controllo e di intervento è stata improntata d’intesa con il Raggruppamento Elicotteri dei Carabinieri con l’ausilio di funzionari archeologi delle varie Soprintendenze, tenuto conto delle diversità del territorio e dei differenti rischi ai quali il patrimonio archeologico è soggetto, nell’ottica preventiva tesa a localizzare e a contrastare il fenomeno degli scavi clandestini. 

Grazie alla Collaborazione con funzionari del C.N.R. (Centro Nazionale delle Ricerche), esperti in Topografia Antica, i dati accertati sono stati acquisiti ed elaborati dal personale del C.N.R. stesso per consentire il monitoraggio delle aree archeologiche e l’esatto rilevamento della localizzazione degli scavi clandestini accertati, tramite le coordinate geografiche fornite dal sistema satellitare GPS.

Questa attività ha permesso di arginare notevolmente il fenomeno degli scavi di origine clandestina. Inoltre, ha consentito la stesura di uno studio scientifico, condotto dagli studiosi del C.N.R. e delle varie Soprintendenze, sul fenomeno e sulla topografia dei siti archeologici in genere, creando enormi vantaggi conoscitivi sia dal punto di vista cartografico che investigativo. 

L’attività di repressione non risolverà certamente da sola il problema, ma contribuirà a riconquistare passo dopo passo quel territorio lasciato, in qualche caso poco responsabilmente, nelle mani di criminali talvolta anche organizzati.

Il problema è tanto più importante quanto più un Paese è ricco di beni culturali, archeologici e religiosi. La delinquenza infatti ha da tempo capito la convenienza e ha migliorato man mano le proprie tecniche (per esempio attraverso televendite o aste via Internet).

Ultimo fenomeno è quello delle criptovalute, quello dei pagamenti anonimi e non tracciabili che possono configurarsi come utile strumento per il traffico internazionale delle opere d’arte: sono migliaia i virtual asset, e non si parla solo di Bitcoin, che stanno crescendo grazie alla tecnologia blockchain, che permettono contrattazioni finanziarie senza bisogno di un terzo intermediario, come sono di norma le banche.  

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