Binomio Scienza-Archeologia: alla ricerca dei falsi nel Museo Archeologico di Paestum

Discriminare le falsificazioni dalle opere autentiche si può: lo rivela la campagna diagnostica condotta dall’Associazione Italiana di Archeometria su alcuni dei reperti indagati in occasione della Mostra “Possessione. Trafugamenti e Falsi di antichità a Paestum”, tenutasi nel 2016 presso il medesimo Parco Archeologico

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Il commercio illecito di beni culturali, ad oggi al terzo posto in classifica fra i traffici illegali a livello internazionale, è ricchissimo di opere d’arte, spesso di dubbia autenticità. Grazie ai sequestri attuati dalle Forze dell’Ordine quasi giornalmente, questo circolo economico illegale viene “impoverito” di una grande quantità di beni archeologici e artistici di ogni genere. La quasi totalità dei reperti sequestrati, spesso decontestualizzati e ormai privi di una propria storia, non vengono studiati approfonditamente e restano riposti per anni nei depositi giudiziari o museali con la speranza che, in futuro, vengano riscoperti e resi nuovamente fruibili, convergendo nelle collezioni pubbliche museali. Non è raro, però, che fra i reperti si celi un discreto numero di falsificazioni moderne, spesso di scarso valore, nati dalla combinazione di stili e tecniche differenti e che hanno come modelli dei reperti sicuramente originali. A volte, il lavoro dei falsari risulta essere riconoscibile senza troppi sforzi, a causa di accostamenti stilistici molto eclettici e della scadente fattura dei pezzi; tuttavia, ciò non è così scontato: sono molti i casi in cui il parere di uno studioso esperto aiuta, ma non è sufficiente.

Una delle prime realtà ad affrontare la questione della difesa del patrimonio culturale e a permettere la fruizione di alcuni dei beni sottratti al traffico illecito internazionale è stato il Parco Archeologico di Paestum. Grazie alla mostra “Possessione. Trafugamenti e Falsi di antichità a Paestum”, tenutasi nel 2016 nei locali del Museo dell’antica città magnogreca, è stato possibile studiare un corpus eterogeneo di circa 30 artefatti, selezionati fra le centinaia di reperti illecitamente scavati per lo più nel secolo scorso e conservati presso i magazzini del Parco Archeologico.

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Gli oggetti selezionati, quali reperti ceramici, monete, lastre dipinte e oggetti metallici, sono stati studiati sia dal punto di vista stilistico/tipologico che dal punto di vista scientifico, per mezzo di una serie di analisi diagnostiche finalizzate alla datazione (Termoluminescenza) e alla caratterizzazione (Tecniche di Imaging, Spettroscopia di Riflettanza a Fibre Ottiche [FORS], Fluorescenza dei Raggi X [XRF])  degli stessi. Al fine di riconoscere gli artefatti autentici rispetto alle falsificazioni, un folto team di specialisti nel settore archeologico e scientifico ha condotto questo interessante studio, i cui risultati sono resi noti in un articolo open access di recente pubblicazione:  “Results of diagnostic campaign promoted by AIAr in the deposits of the Archaeological Museum of Paestum”. La ricerca condotta ha permesso non solo di datare, analizzare e autenticare i reperti, ma anche di evidenziare come la collaborazione fra professionalità e studi diversi sia capace di ottenere dei risultati quanto più efficaci e, talvolta, inaspettati. 

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