Siria, crocevia di civiltà. Il patrimonio culturale a rischio, tra guerre e crisi di varia natura
Resistenza culturale tra conflitti, disastri e speranze di rinascita
Profumi indescrivibili
Nell’aria della sera
Studenti di Damasco
Vestiti tutti uguali
(F. Battiato)
La Siria è una terra dove la civiltà umana si è sviluppata, in modo fiorente, oltre tre millenni fa: si pensi all’antica città di Damasco, dove vi sono tra le più antiche testimonianze archeologiche del Vicino Oriente, ascrivibili alle culture romano-bizantine e in seguito islamiche. Ben sei sono i siti siriani inseriti, a partire dal 1979, nella lista del patrimonio UNESCO:
- Antica città di Aleppo;
- Antica città di Bosra;
- Antica città di Damasco;
- Antichi villaggi della Siria settentrionale;
- Cittadella di Saladino e Krak dei cavalieri;
- Sito archeologico di Palmira.
Il paese attualmente è devastato, anzitutto, dagli eventi bellici scaturiti da conflitti interni sfociati nella guerra civile, per oltre un decennio, fino all’intensificarsi della crisi del regime di Bashar al-Assad; quelli esterni fanno riferimento ai rapporti controversi che il regime uscente ha intrattenuto nelle varie sfere di influenza, su uno sfondo di guerra fredda tra Cina-Russia-USA, che per anni hanno sostenuto o osteggiato, a seconda delle situazioni, il regime di Assad. Si considerino anche gli ultimi attacchi bellici da parte di Israele. Questo stato di cose, oltre a perpetuare disastri a livello umanitario, è altrettanto devastante per il patrimonio culturale, evidentemente sottoposto a un altissimo rischio di distruzione, saccheggio, ma anche di una sopravvenuta incuria dovuta alla mancanza di un apparato amministrativo dedicato: in una situazione del genere, per usare un termine di realpolitik, la dimensione culturale passa di fatto in ultimo piano. Brutto a dirsi, ma è un’atroce verità. La stessa sorte tocca purtroppo anche ai diritti umani, ingiustamente calpestati a scapito soprattutto delle fasce più deboli della società: anziani, bambini e donne.
Non da meno le calamità naturali. Il terremoto che ha colpito Siria e Turchia nel 2023 ha provocato oltre 51.000 vittime. Oltre tre milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. I danni al patrimonio immobiliare sono incalcolabili, compresi i danni alle strutture sanitarie, fatto che ha comportato un’ulteriore emergenza nell’emergenza.
Come già ribadito più volte, è molto difficile riuscire a dare un contributo fattivo, un aiuto a queste popolazioni mancando un punto di riferimento qualificato in loco in grado di garantire una corretta gestione degli interventi. Il sostegno al patrimonio culturale di uno Stato afflitto dalla crisi è un’attività complessa da realizzare dovendo operare in un contesto non stabilizzato, dove vi è una totale assenza di dialogo anche sul piano diplomatico, aspetto che ricade anche sulle garanzie di sicurezza minime di chi potrebbe essere chiamato a operare. Sarebbe utile prepararsi a un confronto su possibili scenari di intervento, secondo le norme condivise della Convenzione dell’Aia sui conflitti armati e in base agli accordi di cooperazione internazionale, solitamente coordinati e gestiti sul campo da organi super partes come l’UNESCO: una chimera?
La cultura e la memoria ci vengono però in soccorso, sotto forme diverse. Questi processi, a volte sorprendentemente spontanei e isolati, seppur lentamente, smuovono le coscienze e le animano, al di fuori dei cosiddetti canali istituzionali in cui spesso la burocrazia imperversa in maniera sinistra, paralizzando ogni iniziativa.
Allora ben vengano le idee spontanee, che crescono e maturano caratterizzate da una forte matrice culturale, attraverso un legame tra una realtà particolare e il resto del mondo, in una dimensione globalizzata.
Un esempio ne sono le testimonianze del patrimonio immateriale, frutto di antiche tradizioni che hanno connotato, nel corso del tempo, la Siria. Ve ne sono due in particolare che hanno riscosso un certo successo e destato un interesse in vari ambiti.
Una riguarda la musica, quale strumento di dialogo privilegiato per superare le barriere dell’incomunicabilità, che consente, come in questo caso, di narrare la profonda identità culturale della Siria. La BBC, già nel 2018, ha pubblicato sul proprio sito la scoperta di decine di tavolette di argilla, risalenti a diversi millenni fa, dove vi sarebbe impresso, con caratteri cuneiformi babilonesi, il primo testo musicale della storia, una vera e propria canzone. Da questa prima importante scoperta, che ha anche una sua valenza scientifica, è stato avviato lo studio di questi materiali che sta proseguendo e sta dando vita a una serie di iniziative finalizzate, anche in ambito accademico, a far conoscere questa peculiare realtà e a svilupparla attraverso rappresentazioni culturali e ricerche scientifiche dal taglio multidisciplinare con iniziative concrete a sostegno della Siria.
Sullo stesso versante, nel luglio 2023, nell’ambito di una progettualità di ampio respiro dedicata alla Rosa di Damasco, è nata a Torino — grazie all’iniziativa della Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura, dei Musei Reali di Torino e del Syria Trust for Development — una rassegna di eventi (concerti, seminari, mostre, opere d’arte a tema), ambientata nei giardini di Palazzo Reale e nei saloni museali della città piemontese. In questi contesti, a partire dalle esperienze degli archeologi siriani impegnati nella crisi in corso, il confronto con il pubblico e gli interventi degli esperti hanno dato vita a un dialogo sull’importanza della cultura come strumento di riscatto sociale e ricostruzione.

La Rosa di Damasco è stata scelta appunto quale simbolo eletto della Siria. Ciò si è rivelato utile anche alla promozione di uno dei prodotti più celebri e importanti storicamente per quella regione. Questo trova riscontro nel riconoscimento dell’UNESCO che, nel 2019, ha iscritto nella lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità le coltivazioni, le lavorazioni e le pratiche tradizionali legate alla Rosa di Damasco nel villaggio di Al-Mrah.
Sarà dunque la forza poetica della rosa, del suo profumo unico e ineguagliabile, a dare lo slancio?
È giusto, come già accennato, continuare a parlarne, ad approfondire, soprattutto in quei contesti dove si formano, ad alti livelli, le future generazioni. La Siria rappresenta in questo senso un caso di studio ideale, un’occasione per cercare di comprendere come i vari attori istituzionali e della società civile, possano agire per affrontare insieme le sfide che riguardano la tutela del patrimonio culturale, attraverso gli strumenti della cooperazione e dei trattati internazionali, le capacità maturate sul campo e di “fare rete”.
L’Università di Torino, la Cattedra UNESCO di Economia e Cultura e Patrimonio, il SIOI del Piemonte e Valle d’Aosta, sono capofila in questo ambito e ne hanno affrontato le tematiche in occasione di un incontro promosso dagli HII, in occasione della creazione della prima settimana dedicata al Patrimonio Culturale siriano in Italia.
Tra gli eventi spicca il seminario “A dialogue on Syrian Cultural Heritage: Legal Perspective & Collaborative Opportunities” tenutosi il 22 gennaio scorso, nel capoluogo subalpino, al Campus universitario Luigi Einaudi. Nel contesto, il tavolo costituito da esperti provenienti da vari settori, ha fatto un punto di situazione sulla Siria, in vista di possibili strategie da mettere in campo per affrontare e superare le varie emergenze.
Che sia l’avvio, per tornare alla citazione iniziale, di un nuovo ciclo cosmico dove, in luogo del candido cinghiale, si sprigioni la musica a profusione e il profumo magico delle rose?
[Foto di copertina: High Contrast].

Columnist – Cultural Heritage Expert