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Si è tenuto tra la Mole Vanvitelliana e la Pinacoteca Civica “Francesco Podesti” ad Ancona, città dove risiede una delle comunità ebraiche più importanti d’Italia, il Convegno internazionale di Studi L’arte indifesa: il destino di artisti e collezioni dopo l’emanazione delle leggi razziali. Tre giorni di lavori, dal 20 al 23 aprile 2020, in pieno lockdown: nessuna delle organizzatrici dell’Università di Macerata, Costanza Costanti, Patrizia Dragoni e Caterina Paparello, poteva immaginare a novembre 2019 il lancio della call for papers, il clima nazionale e internazionale in cui si sarebbero inserite le giornate di studio e quanto questo avrebbe ostacolato le successive indagini, che sono poi confluite nella pubblicazione di Edifir-Edizioni Firenze. Il volume restituisce una panoramica nutrita di riferimenti, accessibile per quanto tecnicismi o appendici documentarie non tradotte possano esserlo, e uno sguardo attento ed esteso a più campi di studio.

L’arte indifesa: il destino di artisti e collezioni dopo l’emanazione delle leggi razziali – Copertina

Lorenzo Carletti e Cristiano Giacometti ci mostrano l’Italia del 1938 attraverso gli occhi (e la fretta di lasciarla) di Mortimer Leventritt, ci portano nelle pieghe delle “buone relazioni” tra istituzioni che riescono, di cerchio, di botte e di bugia, a ottenere un prestito imprestabile.

Dragoni e Paparello prendono di petto la dispersione della collezione di Enrico Pellegrino Milano, un «ebreo, ed imparentato con famiglie ebree; e che pure risultando incensurato da indagini fatte compiere ultimamente all’Arma dei Carabinieri, ha esercitato ed esercita il commercio antiquario, specialmente esperto come egli è di mobili e dipinti antichi», costretto alla clandestinità dai Provvedimenti per la difesa della razza italiana.

Davide Spagnoletto lavora di scavo, tra filze e faldoni, riportano in luce il carteggio, il temperamento e il piglio di Corrado Cagli, un giovane artista che emigrò, in esilio volontario, negli Stati Uniti dopo la promulgazione delle leggi razziali: «Io penso che è meglio fare della bella pittura che vada poi distrutta che non della brutta pittura che rimanga in piedi».

Valeria Rainoldi ripercorre le vicende familiari, artistiche e umane del pittore veronese Ise Lebrecht: schiacciato nel rapporto burrascoso tra la madre e la moglie, confluito persino nei testamenti dell’anziana Eugenia Vitali Lebrecht, le cui opere, disperse in collezioni private nazionali e internazionali, restano senza un catalogo che le possa sottrarre dall’oblio. L’agio, il discreto successo degli anni giovanili, le tribolazioni e gli effetti nefasti delle leggi razziali sono i tratti di un contributo ricco che restituisce memoria all’esistenza di un uomo segnata dalla storia: «L’arte in cui eccelse fu lo scopo e il sogno di tutta la sua vita intemerata».

Silvia Pascale si immerge nell’arte come «prima forma di resistenza e di opposizione», morale e terapeutica, alla detenzione nei ghetti. «Il linguaggio artistico ha rappresentato in quelle situazioni di depressione e di sofferenza una forma di sopravvivenza: era un modo per comunicare, un modo per testimoniare quanto stavano vivendo». Prove che poi saranno utilizzate nel corso del processo Eichmann. La protagonista è Esther Lurie, artista lettone imprigionata nel ghetto di Kovno che comincia a disegnare, grazie anche alla mobilitazione di moltissime persone, tutto ciò che di quella esperienza le sembra importante.

Luca Ciancabilla e Andrea Pizzi firmano una cornice storica, normativa e amministrativa entro la quale distinguono e collocano due periodi, 1938-43 e 1943-45, intervallati dall’armistizio dell’8 settembre 1943, l’occupazione nazista dell’Italia e la costituzione della Repubblica Sociale Italiana. Nel mezzo una carrellata di spoliazioni, di restituzioni e la necessità di giustizia: «La devastazione portata nella comunità internazionale dal Nazi-Fascismo è stata così intensa e di così ampia portata che ancora oggi sentiamo il bisogno di condurre davanti a un tribunale i responsabili di questi crimini contro l’umanità».

Chiude Bernardo Cortese con una riflessione giuridica, tra diritto internazionale e giustizia individuale, circa l’unità e la diversità dei fenomeni ascrivibili alla Nazi Confiscated Art.

«Gli ebrei – scrive la Senatrice a vita Liliana Segre in apertura del volume – andavano infatti non solo discriminati e presto deportati e massacrati per ragioni razziali, ma le loro case occupate, i loro beni rapinati, le loro opere d’arte prima disprezzate come “arte degenerata” e poi però sequestrate e letteralmente rubate. […] La depredazione dunque come metafora del totalitarismo». La partita delle restituzioni agli eredi dei proprietari a cui le opere furono sottratte dai nazisti, fino al 1945, è tutt’altro che chiusa. L’Austria nel 1998 è stata il primo stato a dotarsi di una legge ad hoc, dal 2016 negli Stati Uniti è in vigore l’Holocaust Expropriated Art Recovery Act, e molti Paesi – come ha ricordato il giornalista Fabio Isman in prefazione – hanno abolito ogni termine di prescrizione. In Germania, invece, dopo 35 anni la riconsegna non è più obbligatoria: «Ancor oggi, l’élite tedesca – secondo Frank Chalk – non vuole restituire le opere d’arte» che restano al centro di diversi contenziosi. Sui numeri inoltre regna il caos, le stime si contraddicono l’una con l’altra, ma una sorte pare accumunare buona parte delle “storie a lieto fine”: le opere, una volta rientrate nel possesso dei legittimi proprietari, finiscono all’asta. Le pagine iniziali di Isman sono una mitragliata di capolavori e nomi, di vicende e controversie che possono indurre il lettore a credere che l’impegno profuso in ricerche e studio, diplomazia e restituzioni sia una fatica di Sisifo. E a prima vista lo è, ma è un debito morale e civile che ogni Paese dovrebbe assumere come impegno verso il passato, ma soprattutto come antidoto per il presente: cosa stiamo facendo per fermare «la più grande rapina d’arte – come ha scritto The New York Times lo scorso 14 gennaio – dai tempi dei nazisti nella seconda guerra mondiale, intesa a spogliare l’Ucraina del suo patrimonio culturale»?

Patrizia Dragoni e Caterina Paparello (a cura di), L’arte indifesa: il destino di artisti e collezioni dopo l’emanazione delle leggi razziali, Edifir-Edizioni Firenze, 2022, pp. 204, 25,00 euro.

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