“Operazione Budapest” e il furto d’arte che scosse l’Est durante la Guerra Fredda
Il docufilm di Gilberto Martinelli ricostruisce uno dei colpi più audaci della storia: sette capolavori rinascimentali rubati dal Museo di Belle Arti di Budapest nel 1983
Nel novembre del 1983, una banda composta da cinque italiani mise a segno uno dei furti d’arte più clamorosi del secolo: sette opere del Rinascimento italiano, firmate da artisti come Raffaello, Giorgione, Tintoretto e Tiepolo, vennero trafugate dal Museo di Belle Arti di Budapest. Un colpo audace, compiuto oltre la Cortina di Ferro, che mise in imbarazzo le autorità ungheresi e sollevò interrogativi sulle falle nella sicurezza del blocco sovietico.
A distanza di decenni, quella vicenda torna alla ribalta grazie al docufilm Operazione Budapest: Il furto del secolo, diretto da Gilberto Martinelli e disponibile su Prime Video. Costruito con materiali d’archivio, interviste e ricostruzioni cinematografiche, il film ripercorre non solo le fasi del colpo, ma anche l’indagine internazionale che ne seguì, in un intreccio tra criminalità organizzata, spionaggio e geopolitica.
La storia si svolge nel pieno della Guerra Fredda, in un’Europa divisa: l’Ungheria sotto controllo sovietico, l’Italia segnata dagli anni di piombo. In questo contesto teso e frammentato, il furto si trasforma in qualcosa di più di un semplice reato: diventa un caso politico e culturale, simbolo di un’epoca. Il docufilm si distingue per il taglio narrativo serrato e l’accuratezza delle fonti. «L’obiettivo non era solo raccontare un furto, ma capire cosa rappresenti il patrimonio artistico nel contesto delle relazioni internazionali», ha spiegato Martinelli in un’intervista. Il ritmo è quello del thriller, ma la sostanza è quella del giornalismo investigativo.
Nel 2021, Martinelli ha firmato anche il libro 1983: Operazione Budapest, insieme a Roberto Tempesta (Sandro Teti Editore): un’inchiesta approfondita, basata su documenti inediti e testimonianze dirette. Il volume rivela nuovi dettagli sull’organizzazione del furto, sulle connessioni con la malavita italiana e sui contatti con servizi segreti stranieri. Secondo alcune ipotesi, l’operazione sarebbe stata orchestrata per conto di un collezionista privato, ma non mancano teorie su possibili mandanti legati all’intelligence.
Il recupero delle opere, avvenuto l’anno successivo grazie a un’operazione internazionale condotta dai Carabinieri del Nucleo PatrimonioArtistico (oggi Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale), pose fine alla vicenda, ma il caso resta emblematico. Come ha scritto un critico su Il Manifesto, «Operazione Budapest è un esempio riuscito di come si possa raccontare l’arte attraverso il prisma della storia, della politica e del crimine».
Un docufilm consigliato non solo agli appassionati d’arte o di true crime, ma a chiunque voglia capire come, dietro ogni quadro rubato, si nasconda un pezzo di mondo.


Giornalista