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Non era un’impresa priva di rischi quella che Luca Benigni, giornalista che prevalentemente si occupa di politica, storia e memoria, ha dato alle stampe per La Gazzetta dello Sport. L’imprecisione, la fonte sbagliata e l’inciampo potevano insinuarsi in ogni capitolo nel tentativo di spiegare a un pubblico eterogeneo di lettrici e di lettori una storia ritenuta per troppo tempo secondaria, spesso frequentata solo dai tecnici e dalle forze dell’ordine. Comprimere, inoltre, in 154 pagine un arco storico lungo più di cinquant’anni e restituire tutta la complessità delle vicende non era cosa banale.

Benigni, lo diciamo subito, supera la severità delle nostre griglie con un buon giudizio perché la scrittura è corretta e fluida. Il racconto nel complesso è esaustivo e rende giustizia e merito alla determinante spinta organizzativa e investigativa impressa dal generale Roberto Conforti, comandante del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale dal 1991 al primo settembre 2002, e a Paolo Giorgio Ferri, il caparbio e prezioso pubblico ministero che portò alla sbarra del Tribunale di Roma il gotha internazionale dei mercanti d’arte che si è arricchito con il traffico transnazionale di reperti archeologici scavati illegalmente dalle necropoli di mezza Italia.

Nel libro di Benigni compaiono più o meno tutti. Gianfranco Becchina, Pietro Bozzini, Robert Hecht, Giacomo Medici, Robin Symes e Christo Michaelides, Antonio Savoca, Pietro Casasanta, Francesco Messina Denaro. “La quasi totalità dei beni trafugati negli scavi operati nelle regioni del centro finivano a Ginevra, nei magazzini della Edition Service di Medici, che però vantava fornitori anche in Puglia e in Campania. I resti della memoria del Sud, invece, – con particolare attenzione alla civiltà nuragica, – approdavano a Basilea, nei magazzini del siciliano Gianfranco Becchina, che li gestiva con la moglie” (p. 60). E ancora la gallerista Frederique Maria Tchacos Nussberger, Marion True, curatrice per un circa un ventennio del dipartimento antichità del J. Paul Getty Museum di Los Angeles, i grandi musei statunitensi come il Metropolitan di New York o il Museum of Fine Arts di Boston, o il ruolo delle “più famose case d’asta, come Sotheby’s e Christie’s, cui spettava il compito di «lavare» i pezzi, facendo perdere le tracce della provenienza e restituendo al bene un nuovo certificato di identità” (p. 59).

I protagonisti della grande razzia sfilano uno a uno nelle pagine di Benigni così come “i buoni” impegnati nelle indagini e il recupero degli oggetti saccheggiati, smembrati e trafficati: oltre a Conforti e Ferri, i Carabinieri TPC (alcuni ora in congedo) Roberto Lai, Filippo Tomassi, Salvatore Morando, Paolo Salvatori, il magistrato Silvio Raffiotta e la figlia Serena, archeologa, che ha contribuito al riconoscimento e alla restituzione della Testa di Ade. E poi l’impegno decennale di racconto e denuncia giornalistica di Fabio Isman, autore di libri importanti come I predatori dell’arte perduta. Il saccheggio dell’archeologia in Italia (Skira, 2009), L’Italia dell’arte venduta. Collezioni disperse, capolavori fuggiti (Il Mulino, 2017), Quando l’arte va a ruba. Furti e saccheggi, nel mondo e nei secoli (Giunti Editore, 2021), e di Tsao Cevoli, archeologo e direttore dell’Osservatorio Internazionale Archeomafie e dell’omonima rivista scientifica Archeomafie.

Il libro di Benigni è una lettura piacevole, avvincente e d’iniziazione per un pubblico distratto o semplicemente non informato, è un ripasso per gli addetti ai lavori ai quali però non passeranno inosservate alcune piccole sciatterie, come Paolo Ferri o Giorgio Ferri anziché Paolo Giorgio Ferri o l’archeologa Daniela Rizzo che diventa Antonella (p. 106). La riproposizione di un podio, inoltre, a proposito del commercio illegale di reperti archeologici che sarebbe “diventato in breve tempo il terzo malaffare a livello mondiale dopo il traffico di armi e di droga” (p. 9), è un dato frequente in documenti e pubblicazioni ma che, indagato da Donna Yates e Neil Brodie, non ha trovato alcun fondamento scientifico: va preso con le pinze. Infine la pubblicazione, nonostante sia andata in stampa a maggio 2024, non ha fatto in tempo ad aggiornarsi sulla pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dello scorso 2 maggio: l’Atleta Vittorioso è di proprietà dello Stato italiano ma il contenzioso non è ancora chiuso del tutto.

SCHEDA LIBRO

Autore: Luca Benigni

Titolo: Archeomafie (uscita n. 75 della collana Mafie. Storia della criminalità organizzata a cura di Barbara Biscotti, in edicola insieme a La Gazzetta dello Sport o al Corriere della Sera).

Editore: Rcs Mediagroup Spa – Quot.tm

Anno edizione: 2024

Prezzo: 5,99 euro oltre il prezzo del quotidiano

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