Venezia e il patrimonio culturale a rischio. La scelta unilaterale dell’UNESCO

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Com’è triste Venezia…

[C. Aznavour].

Dal 10 al 25 settembre 2023, a Riyadh, capitale dell’Arabia Saudita, si terrà la sessione in presenza del Comitato del Patrimonio Mondiale UNESCO, avente come focus principale la gestione del Patrimonio Mondiale per i prossimi 50 anni. Un’occasione importante durante la quale saranno esposti bilanci e valutazioni rispetto ai siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale che, per rimanervi, devono rispettare e mantenere, possibilmente migliorare, gli standard stabiliti dall’organizzazione sovranazionale.

La Serenissima rischierebbe, proprio a seguito di formali decisioni di quel Comitato, di essere cancellata dai 58 siti UNESCO italiani rientranti tra quelli considerati “Patrimonio Mondiale”, in cui è stata inserita nel 1987 insieme con l’intera laguna.

Si è innescato subito il confronto, soprattutto a livello di governance, per evitare, forse giustificare, una possibile discesa nella cosiddetta “lista nera”. Al netto della questione UNESCO, la città lagunare ha i suoi annosi problemi che, inevitabilmente, si riverberano sull’immenso e peculiare patrimonio culturale che la caratterizza. Problemi con fondamenta profonde (sic!), che attengono soprattutto alla concreta capacità di risposta nella protezione dalle crisi di un contesto fragile ma di straordinario interesse e valore culturale, affinché non venga definitivamente pregiudicato a seguito di eventi negativi che nel corso del tempo si stanno intensificando in termini di frequenza e impatto. Venezia, purtroppo è noto, si sta adagiando sul fondo marino, parimenti il mare circostante si è innalzato di parecchi centimetri: sarà causa anche del cambiamento climatico? Lasciamo l’analisi di questo dato specifico agli scienziati, rifuggendo così anche dalle roventi polemiche che hanno infuocato l’estate politica, limitandoci a considerare l’effetto del fenomeno sul patrimonio culturale.

Oltre a ciò, l’antropizzazione contribuisce ad acuire la portata degli effetti negativi derivanti in particolare dalla fruizione turistica disorganizzata della città, una delle più colpite, nel corso degli anni, dal cosiddetto fenomeno dell’over-tourism.


Questi fattori bastano da soli per delineare uno scenario complesso, che va valutato con estrema attenzione e lungimiranza. Non è proprio a caso che a Venezia, in quel di Palazzo Zorzi, abbia la sede dell’unico bureau dell’UNESCO nel nostro paese, con un ruolo strategico per la promozione culturale/ scientifica in Europa e per l’area mediterranea.

È davvero rilevante la perdita del “bollino dell’UNESCO” o forse è un po’ come assistere ai capricci di un bimbo che frigna perché gli sta per scoppiare tra le mani il palloncino? Più verosimilmente è una sorta di alibi, un far finta di niente e continuare a sottovalutare le problematiche reali? Chissà. In ogni caso l’UNESCO dovrebbe motivare puntualmente e pubblicare, con un parere, il declassamento della città lagunare. Questo evento sarebbe anche utile per valutare il peso specifico dei rappresentanti nazionali presso quel consesso che, in settantasette anni di attività, ha espresso invero un unico direttore generale italiano (Vittorino Veronese dal 1958 al 1961).

Insomma, è doveroso rimanere coi piedi per terra, anche se parliamo di Venezia. Non è pensabile perdersi in un dibattito futile e fare la parte di quelli che apprezzano il riconoscimento perché lo hanno ottenuto, ovvero solo in funzione di esibirlo come una luccicante patacca. I riconoscimenti, nella sostanza, sono un po’ come il patrimonio culturale, bisogna esserne custodi, proteggerli quotidianamente, nella consapevolezza di averli meritati davvero.

L’antica Repubblica marinara del Leone di San Marco perderà la sua posizione? Potrebbe, nel caso, riconquistarla, confermarla perfino superarla. Venezia, dopotutto, è anche la città della passione, come documentato dalle cronache e dalle carte diplomatiche giunte fino ai giorni nostri: conte di Tournay docet!

L’importante è non disperderne la bellezza e l’unicità culturale, frutto di una civiltà millenaria, che ha visto la “Signora del Mare” assoluta protagonista della storia dell’umanità. Per questo, simbolicamente, rinnoviamo l’antica tradizione locale, donandole il “Bòcolo di Rosa”, dimostrando se non altro la ferma e profonda volontà di prendercene cura seriamente.

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