«Io sono Vermeer». A teatro, la beffa dell’olandese Han Van Meegeren, pittore
La stagione teatrale al Nino Manfredi di Ostia Lido si conclude con le elucubrazioni del più noto falsario di tutti i tempi
Era un uomo solo, Han van Meegeren. Solo come tutti quelli che hanno troppo talento e nessuna legittimazione. Uno che sapeva dipingere come un dio ma non nel modo che andava di moda. E quando i critici gli dissero che non valeva niente, che era vecchio, che l’arte era altro – più astratta, più moderna, più sporca – lui reagì come solo i feriti veri sanno fare: con la vendetta. Ma non una vendetta qualsiasi. No. Con un crimine. E che crimine: l’inganno più colossale della storia dell’arte del Novecento.
Non falsificò un Vermeer. Fece di più: diventò Vermeer. Lo studiò, lo assorbì, lo ricreò. Trovò vecchie tele del Seicento, impastò pigmenti antichi, costruì crepe nel colore con vernici artificiali, invecchiò i dipinti con il calore del forno. Non copiava: creava Vermeer che non erano mai esistiti. E lo faceva così bene che i più grandi esperti d’arte del tempo, ciechi, arroganti, affamati di bellezza, lo credettero autentico. Anche Göring ci cascò. Comprò un falso Vermeer per milioni, lo incorniciò, lo adorò. Era il bottino perfetto per la guerra perfetta. Poi venne il maggio del ’45. Fine della guerra. Van Meegeren fu arrestato. Accusato di alto tradimento: aveva venduto un tesoro nazionale al nemico. «Non è vero», disse. «Non ho venduto Vermeer. Ho venduto me stesso». Nessuno gli credette. Allora fece l’unica cosa che poteva fare: prese pennelli, tele, colori, e dipinse dal vivo un nuovo Vermeer davanti ai giudici. Eccoli lì, i critici. Avevano creduto di vedere il genio, e invece avevano visto una bugia. Ma una bugia così ben fatta da sembrare vera. Anzi, meglio del vero.

Ecco il punto. Ecco l’inquietudine che vibra nello spettacolo La Cena di Vermeer, scritto da Maria Letizia Compatangelo e messo in scena al Teatro Nino Manfredi da Felice Della Corte, che lo dirige e lo interpreta con la voce e lo sguardo di chi ha capito tutto: che l’arte non è sempre onesta, e che la verità a volte mente più della finzione. Sul palco c’è Van Meegeren, certo, ma ci siamo anche noi. Critici, giudici, spettatori. Quelli che vogliono credere in un nome, in un’etichetta, in una firma. Quelli che se non c’è Vermeer scritto sotto non sentono nulla. Paolo Gasparini è un Van Meegeren magnetico: stanco, disilluso, affilato come una lama. Lo ascolti e ti chiedi: e se avesse avuto il coraggio di firmare con il suo nome? Se non avesse avuto bisogno della bugia per essere riconosciuto?
Ma la verità è che ne aveva bisogno. E che forse l’abbiamo costretto noi. Lo spettacolo lo dice con dialoghi taglienti, con un ritmo da thriller dell’anima. Tiziana Sensi e Caterina Gramaglia sono specchi di coscienza, angeli e demoni, memoria e rimpianto. Le luci sono fredde come una sala d’interrogatorio. I costumi sobri, taglienti come la tela appena tesa. Alla fine, esci e ti senti trafitto. Come sempre, quando ti rendi conto che ti hanno mentito. Ma che quella menzogna ti ha fatto piangere, ti ha fatto credere, ti ha fatto vivere. E allora, che cos’è la verità? Han van Meegeren, da morto, ci guarda ancora. Sorride. E forse, nel silenzio di un museo, ride. Perché nessuno, come lui, ha mai dimostrato che l’arte può essere anche una vendetta.

Archeologa PhD candidate e giornalista. Specialista in art crime e archeologia legale, si occupa di informazione e di comunicazione del patrimonio culturale.
Laureata con lode in Conservazione dei Beni Culturali, indirizzo archeologico, presso l’Università del Salento, ha conseguito con lode il diploma presso la Scuola di Specializzazione in Archeologia Classica “Dinu Adamesteanu”, il Master di II livello in “Valorizzazione del Patrimonio Culturale”, promosso dalla Scuola Superiore ISUFI dell’Ateneo salentino, e il Master biennale di II livello in “Esperti nelle attività di valutazione e di tutela del patrimonio culturale” all’Università di Roma Tre. Ha conseguito quindi l’attestato di partecipazione al corso on line su “Antiquities Trafficking and Art Crime” della Glasgow University e al corso promosso da UNESCO,“Engaging the european art market in the fight against illicit trafficking in cultural property”. Presso la LUISS ha frequentato il Corso Executive in “Intelligenza Artificiale e Personal Media: Nuovi Modelli per la Comunicazione e Giornalismo”, organizzato dal Master in “Giornalismo e Comunicazione multimediale” del Centro di Ricerca Data Lab in collaborazione con la School of Government dell’Università LUISS Guido Carli. Ha partecipato a numerose campagne di scavo in ambito universitario e successivamente come responsabile di cantiere per la Soprintendenza Archeologica di Roma. Ha fondato e dirige dal 18 settembre 2018 The Journal of Cultural Heritage Crime, la prima testata giornalistica on line in Italia sul tema del traffico illecito di beni culturali e, più in generale, sulla tutela del patrimonio culturale. È socio fondatore dell’Associazione Culturale Art Crime Project APS; socio di EAA – European Association of Archaeologists; socio simpatizzante dell’Associazione Nazionale Carabinieri-Tutela Patrimonio Culturale. Fa parte del Gruppo di Lavoro ICOM “Musei, Legalità e territorio”.