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Carlo Alberto Carutti

Il 27 gennaio di ogni anno si celebra il Giorno della memoria. Un momento di riflessione collettiva di quanto è avvenuto in un tempo non ancora così lontano dal nostro, almeno temporalmente. Per agevolare il ricordo, a volte possono servire anche alcuni beni simbolo che portano con sé i segni di quanto accaduto. Tra gli strumenti musicali che assolvono a tale funzione rimemorativa si desidera segnalare un violino  particolare, detto violino della Shoah. Di proprietà dell’ingegnere milanese Carlo Alberto Carutti, classe 1923, è uno strumento di alto valore simbolico, oltre che storico. Il violino è stato testimone dei campi di sterminio nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, atroce esperienza alla quale non è purtroppo sopravvissuta la sua proprietaria, una ragazza torinese di origine ebrea. Come ha più volte raccontato l’ing. Carutti il violino è di buonissima fattura e reca sul fondo la stella a sei punte intarsiata con un filetto in madreperla.

Il Violino Levy

Ascrivibile alla scuola liutaria piemontese di Otto-Novecento, lo strumento fu commissionato dalla famiglia Levy di Torino, dai cui eredi l’ha acquistato l’attuale proprietario. Come è successo a molti violini, questo strumento è sopravvissuto ai proprietari, nello specifico ad una donna di nome Eva Maria Levy scomparsa nel campo di sterminio di Auschwitz. Scappò con suo fratello Enzo per trovare un rifugio in Svizzera ma lungo la strada i tedeschi li presero a Tradate il 12 novembre ‘43 e li portarono a Milano per internarli a San Vittore. Il 6 dicembre li caricarono sul convoglio n. 05 che a Verona si riempì di altri ebrei con destinazione Auschwitz. Il convoglio n. 05 era pieno all’inverosimile: tante famiglie, tanti anziani, tante mamme con i loro bambini, anche così piccoli da portarli in braccio. Più di mille persone. Eva Maria aveva con sé il suo violino e lo teneva stretto, nel suo vecchio astuccio nero. Il fratello Enzo era con lei sul vagone. Il viaggio fu lungo anche per la fatica di reggersi o di sedersi nel misero posto, a terra, di cui potevano disporre, sempre chiusi dentro, senza mai scendere. All’arrivo furono accolti dai soldati delle SS: bambini e anziani da una parte, uomini validi per lavorare dall’altra, donne da un’altra ancora. Alla fine Eva Maria e il suo violino furono sistemati nel campo femminile, settore B1a. Enzo, poco lontano nel “männerlager”, settore B2d.

Purtroppo quasi tutti i passeggeri del convoglio n. 05, scomparvero subito dopo l’arrivo ad Auschwitz. La storia di Eva Maria finisce qui e la sua abilità di suonatrice di violino non le servì per salvarsi. E il suo violino? Per fortuna, prima della dipartita Eva Maria riuscì a darlo al fratello che lo custodì come una reliquia. Enzo tornò in Italia, liberato dall’Armata Rossa, nel gennaio 1945 ma le sue condizioni di salute non gli permisero di festeggiare i 37 anni e morì dodici anni dopo il rientro da Auschwitz. Il violino, parecchio danneggiato, fu riparato in modo magistrale da un famoso liutaio di Torino. Religiosamente conservato fino a oggi nel suo astuccio nero, è diventato un prezioso simbolo di un periodo drammatico della storia dell’umanità.

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