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Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Verona e condotte dai militari del Reparto Operativo – Sezione Falsificazione ed Arte Contemporanea, hanno tratto spunto da alcune notizie acquisite tramite attività info-investigativa svolta nel settore del mercato dell’arte, secondo le quali stava circolando un falso dipinto di “Leonardo”, corredato da una perizia infedele, che stimava l’opera in 250 milioni di Euro.

Falso Leonardo
 Ritratto di giovanetto aristocratico, olio su tavola, cm 53x 39, falsamente attribuito a Leonardo da Vinci

Le investigazioni hanno permesso di svelare che alcuni soggetti attivi nel nord-est d’Italia stavano effettivamente cercando di piazzare sul mercato la falsa opera (olio su tavola, cm 53x 39) di Leonardo, raffigurante un Ritratto di giovanetto aristocratico, che è quindi stata localizzata in una Security House di Malcontenta (VE) e sequestrata. Gli investigatori, inoltre, partendo dall’analisi di alcuni documenti, oltre a ricostruire i vari passaggi di mano del dipinto, hanno individuato e sequestrato un’ulteriore opera (disegno su carta cm 36,5 x 27,5), raffigurante un Ritratto della santa Vergine falsamente attribuita alla mano di “Michelangelo Buonarroti, anch’essa munita di una ingannevole perizia di stima redatta dallo stesso “perito”, che aveva avallato il “Leonardo”, la cui valutazione oscillava tra gli 80 ed 100 milioni di euro.

Falso Michelangelo
  Ritratto della santa Vergine, disegno su carta cm 36,5 x 27,5,falsamente attribuito a Michelangelo Buonarroti

Le opere sono state quindi sottoposte ad expertise da parte di un funzionario storico dell’arte del MiBAC, nominato consulente tecnico dalla procura, che ne ha riscontrato la falsa attribuzione. In particolare, l’esperto ha evidenziato come l’esame stilistico del primo dipinto esaminato non palesasse alcuna, neppure lontana, parentela con la produzione leonardesca, opera che, peraltro, nel suo complesso, non sembrava configurarsi nemmeno come lavoro risalente al Quattrocento o al primo Cinquecento, ma che semmai rendeva l’idea di un dipinto più tardo. Il consulente giungeva ad analoghe conclusioni anche per il disegno attribuito alla mano di Michelangelo, respingendone pertanto l’attribuzione.

La successiva fase investigativa, ha consentito di delineare uno scenario criminale più sofisticato, ovvero l’impiego di beni d’arte contraffatti in attività economiche o finanziarie. Infatti è stato accertato che entrambe le opere sono state utilizzate quale conferimento di beni per la costituzione di una società, che sarebbe servita a valorizzarle mediante l’impiego delle stesse in programmi finanziari, proponendole anche ad intermediari esteri.

Ai tre indagati è stato contestato il reato di “contraffazione di opere d’arte” (art.178 D.L.vo 42/2004).


Giovedì 09 maggio 2019

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