Identikit di un mito (seconda parte)

In caserma mettemmo Moreno alle strette: voleva davvero vendicarsi di Casasanta, come ci aveva fatto capire nel colloquio precedente? Allora basta con le chiacchiere! Adesso doveva fare una dichiarazione ufficiale, o l’avremmo arrestato seduta stante. Moreno, spaventato da una minaccia così concreta, accettò di collaborare

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In caserma mettemmo Moreno alle strette: voleva davvero vendicarsi di Casasanta, come ci aveva fatto capire nel colloquio precedente? Allora basta con le chiacchiere! Adesso doveva fare una dichiarazione ufficiale, o l’avremmo arrestato seduta stante. Moreno, spaventato da una minaccia così concreta, accettò di collaborare. E qui ci fu il primo colpo di scena. Tomassi – che oltre ad essere un amico e un grande investigatore è anche un abile disegnatore – durante l’interrogatorio si fece descrivere da Moreno il reperto trovato, tracciando sul momento un vero e proprio identikit. Ora, contro lo scetticismo di tutti coloro che pensavano che stessimo inseguendo una chimera, la mitica Triade Capitolina era sotto i nostri occhi! Con l’identikit della presunta Triade in mano riuscimmo a convincere tutti che valeva la pena approfondire la faccenda. Ci recammo anche da vari esperti, ma l’unico a darci credito fu l’allora Ispettore Onorario del territorio, il Dott. Moscetti, che ci confermò che poteva trattarsi davvero della Triade. Già, ma dove si trovava? Purtroppo la risposta fu una doccia fredda: Moreno ci rivelò di aver saputo da Casasanta che era già all’estero, in una località sconosciuta. La Triade rischiava di scomparire di nuovo, e questa volta per sempre.

La Triade Capitolina
La Triade Capitolina

Era la mia partita e non volevo perderla. Decidemmo su suggerimento del Comandante di intercettare i tombaroli, usando nuove tecniche operative che il nostro Reparto non aveva mai usato prima nelle indagini. L’occasione giusta arrivò quando Casasanta venne ricoverato in ospedale per un malore. Lo intercettammo mentre parlava con Mario Bruno e capimmo che l’antiquario stava facendo da intermediario con qualcuno interessato a comprare la Triade. Per non perdere troppo tempo chiedemmo a due colleghi, che si trovavano in missione a Lugano per altri motivi, di fare una visita a Bruno. Passò qualche giorno prima che potessero andarci, in compenso lo sorpresero proprio a colloquio con Casasanta! Alla vista dei carabinieri, Bruno intimò al tombarolo di andarsene, cosa che lui fece subito, ma i due investigatori lo avevano riconosciuto. L’antiquario, per evitare di finire nei guai con la giustizia, divenne più collaborativo e alla fine ammise che la Triade si trovava nelle mani di un ricchissimo collezionista svizzero di cui però non volle rivelare il nome. Qui ci fu un nuovo colpo di scena: non era lui l’acquirente finale. Uno dei più importanti musei americani, era infatti disposto a pagare al collezionista per la Triade una cifra incredibile: 55 miliardi di lire, ovvero più di 28 milioni di euro! A questo punto, secondo Bruno, non c’era che un modo per bloccare la vendita: avere una prova inconfutabile che l’opera fosse stata trafugata illegalmente dall’Italia. Tomassi ed io avemmo la stessa intuizione: usare il frammento di marmo sequestrato nell’auto di Moreno! Se avessimo dimostrato che combaciava con il braccio di una delle statue della Triade, sarebbe stata una prova schiacciante che proveniva da uno scavo illecito. In questo caso il misterioso collezionista svizzero sarebbe stato costretto a restituirla alle autorità Italiane. Tuttavia non potevamo rischiare affidando – anche se per pochi minuti – il “braccetto” a Bruno, come lui pretendeva: il punto in cui si era staccato dalla statua avrebbe potuto essere limato proprio per evitare che potessero combaciare. Era un vecchio trucco dei tombaroli. Non facemmo in tempo a prendere una decisione, che intervenne in modo tragico il destino: Bruno morì all’improvviso. Si spezzava così l’unico collegamento tra noi investigatori e il misterioso collezionista che aveva in mano la Triade.

Ci trovammo a ricominciare praticamente da zero. Settimane di pedinamenti e intercettazioni a Casasanta e ai suoi complici Moreno e Carlo non ci fornirono elementi utili a capire dove fosse finita la scultura. Per fortuna Tomassi ed io potevamo contare sul supporto, oltre che del Comandante Conforti, di un giovane e intraprendente magistrato, il dott. Lasperanza, e non ci arrendemmo. Almeno di una cosa ero certo: l’unico a conoscere l’identità del collezionista svizzero, da cui pareva avesse incassato ben cinque miliardi di lire, era Casasanta. Dovevamo trovare il modo per inchiodarlo e farlo parlare, così decidemmo di perquisirgli la casa nella speranza di trovare qualcosa di compromettente. Stavolta avemmo fortuna: la soffitta era piena di reperti, riconducibili – se non direttamente alla Triade – alla tenuta dell’Inviolata. Comunque bastarono per spedire Casasanta e i suoi complici in galera. Casasanta tuttavia teneva la bocca ben chiusa. E io dovevo ancora risolvere il problema che mi ossessionava: dove si nascondeva la Triade? Quasi non ci dormivo la notte.

A questo punto ci venne un’idea. Convocammo un’affollatissima conferenza-stampa per annunciare l’eccezionale ritrovamento della Triade… che purtroppo però era scomparsa dall’Italia subito dopo. La magistratura, già sulle tracce di un notissimo collezionista svizzero, era pronta ad emettere le rogatorie internazionali per il suo arresto per ricettazione. 1Ora noi investigatori dovevamo solo aspettare e sperare che il clamore suscitato dagli articoli, con tanto di foto dell’identikit della Triade, bloccasse il business miliardario intorno al capolavoro rubato. Tempo qualche giorno e ci arrivò una telefonata anonima. Un uomo si presentò come il portavoce del collezionista che aveva in mano la Triade ed era molto allarmato, come del resto i suoi sodali svizzeri, ovvero un nutrito gruppo di mercanti e antiquari con le mani in pasta nel mercato illecito dei reperti archeologici. Tutto quel clamore sulla stampa, infatti, aveva di fatto bloccato ogni sorta di affare in corso e loro stavano perdendo un sacco di soldi. La richiesta degli svizzeri era chiara: fermate l’inchiesta. In cambio, la Triade verrà restituita alle autorità Italiane.

Quando Casasanta venne a saperlo da Scotch andò su tutte le furie. Lo ascoltai con le mie orecchie grazie alle microspie che, travestito da infermiere, avevo piazzato nella camera dell’Aurelia Hospital dove Casasanta era ricoverato per il suo precario stato di salute. Il “Re dei tombaroli” disse al contrabbandiere che non solo non aveva ancora intascato una parte dei soldi pattuiti per la vendita della Triade, ma aveva intenzione di ottenerne molti di più grazie alla trattativa con il museo americano! Quindi gli svizzeri non dovevano azzardarsi a restituire la Triade, ci avrebbe pensato lui a sistemare tutta la faccenda. Ne parlammo con il magistrato Carlo Lasperanza titolare del procedimento penale e il giorno seguente, alle 7 in punto del mattino, mi presentai insieme a Tomassi a casa di Ermenegildo Foroni e Sergio Rossi, ovvero Scotch e Whisky, con un bel mandato di perquisizione. Ma soprattutto contestammo a Scotch la sua compromettente conversazione con Casasanta: «Se fai come ti ha detto lui, saranno guai seri», lo avvisammo. Tornato in Svizzera, Scotch riferì che stavano per scattare le manette per tutti. Sentendosi il fiato sul collo, il collezionista – che in seguito scoprimmo essere il miliardario George Ortiz – ci fece sapere attraverso il portavoce che avrebbe restituito la Triade all’Italia senza condizioni. Tomassi ed io avevamo quasi paura a credere che fosse tutto vero. Fissammo un appuntamento a Livigno, al confine con la Svizzera.

Notte. A bordo di un furgone parcheggiato su una piazzola di un bar, aspettammo dei segnali. La tensione si tagliava con il coltello. Ricevemmo una telefona con ulteriori indicazioni, la fitta nevicata non ci facilitò. Individuato un capannone abbandonato trovammo una pesante cassa, quasi mezza tonnellata! Sollevai il coperchio quel tanto che bastava per controllare se dentro ci fosse davvero la Triade Capitolina… C’era.

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L’Operazione Giunone, la mia prima indagine, la nostra indagine, si era conclusa con uno spettacolare successo. E, soprattutto, la Triade era tornata a casa. Con Tomassi si instaurò un sodalizio operativo senza precedenti e sopratutto un’amicizia profonda che dura tutt’oggi.

In occasione del ventennale del ritrovamento della Triade, organizzato dal Comune di Guidonia e dall’Associazione Nomentana di Storia e Archeologia Onuls, io, Tomassi e il Generale Conforti – già insigniti con la cittadinanza onoraria del Comune di Guidonia – presentammo un bel fumetto per ragazzi che racconta tutte le peripezie dell’Operazione Giunone, curato da me e disegnato, ovviamente, da Tomassi.  Alla Triade è dedicata anche una puntata della serie tv “Art Detective”, di cui sono autori Valerio Maria Fiori e Alessandra Piccinni, andata in onda con successo su RaiStoria.

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Le foto dei protagonisti

 

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Identikit di un mito (prima parte)

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