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Si tratta di un cratere a calice che serviva per miscelare il vino e l’acqua, e che riporta la raffigurazione del “mio Signore Dioniso”, come direbbe il poeta Archiloco, adagiato su kline in un simposio e intento a giocare al κότταβος, che consisteva nel colpire un oggetto con il vino rimasto sul fondo del calice. Il cratere, databile attorno al 350-340 a.C., attualmente si trova allo Speed Art Museum di Louisville nel Kentucky, che lo acquistò nel 1990 da Robin Symes, un mercante (e un trafficante) d’arte con sede a Londra, specializzato in arte arte antica. All’epoca egli indicò di averlo acquisito da un collezionista a Parigi.

Cratere a Calice da Paestum, lato A

Nel 2015 però un ricercatore dell’Università di Glasgow, Christos Tsirogiannis, fornisce al museo statunitense alcune fotografie del calice-cratere tra cui una polaroid sequestrata dai Carabinieri a Giacomo Medici, altro grande trafficante di reperti archeologici, durante un’operazione del 1995 nel Freeport di Ginevra, uno dei luoghi chiave del traffico internazionale di reperti archeologici. L’origine delle fotografie e le incrostazioni sul cratere alimentano i sospetti di una provenienza illecita del reperto, frutto di uno scavo in violazione quindi delle leggi italiane e internazionali.

Fortunatamente lo Speed Museum ha avuto la sensibilità di proporre una restituzione all’Italia evitando contenziosi e strascichi di carattere legale e politico. Un gesto di responsabilità che naturalmente avrà il suo tornaconto come spesso avviene nei casi di restituzione di reperti. Infatti l’opera rimarrà lì esposta per quattro anni prima di tornare in Italia ed essere restituita alla comunità pestana e cilentana e, al museo statunitense, saranno poi prestate altre opere per mostre temporanee.

«Quando i siti archeologici vengono saccheggiati, gli autori del furto ci rprivano di informazioni inestimabili e spesso insostituibili sugli oggetti che scoprono», ha dichiarato Kim Spence, curatrice che supervisiona la collezione d’arte antica dello Speed ​​Art Museum. «Lo Speed ​​supporta pienamente il lavoro degli archeologi professionisti che seguono la legge e contribuiscono a una migliore comprensione degli oggetti d’arte e del significato che tali oggetti hanno giocato nella vita dei loro proprietari», ha aggiunto Spence.

«Anche io so intonare il Ditirambo, il bel canto del mio Signore Dioniso, con la testa fulminata dal vino»  (Archiloco).

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