Sequestro di reperti archeologici etruschi provenienti da scavi clandestini tra Chiusi e Città della Pieve
Nello scorso mese di aprile 2024 è stata avviata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia un’indagine a seguito di una comunicazione dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale che avevano segnalato un possibile scavo clandestino nella zona fra Chiusi e Città della Pieve nel territorio di quest’ultimo comune ed il ritrovamento di importanti reperti archeologici etruschi. L’indagine, in particolare, svolta dalla Sezione Archeologia del Reparto Operativo TPC ha preso l’avvio dall’acquisizione di fotografie ritraenti numerose urne cinerarie con personaggi semi-recumbenti, tipici etruschi, che circolavano sul mercato illecito dell’arte.
La collaborazione scientifica da parte di un docente dell’Università di Roma Tor Vergata ha permesso di contestualizzare l’appartenenza dei reperti ad una necropoli etrusca, verosimilmente del territorio chiusino già ricco di analoghe testimonianze artistiche. Ulteriori accertamenti, con il supporto specializzato della Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio e della Soprintendenza dell’Umbria, hanno consentito di focalizzare l’attenzione su un rinvenimento fortuito, già denunciato nel 2015 a Città della Pieve, dove un contadino, durante lavori di aratura del terreno, si era imbattuto in un ipogeo etrusco. In tale sito furono rinvenuti al tempo quattro urne funerarie e due sarcofagi riconducibili alla gensPulfna, il cui medesimo patronimico era presente proprio su alcune delle urne raffigurate nelle fotografie da ricercare. Caso alquanto singolare era il fatto che l’ipogeo dei Pulfna, scoperto nel 2015, era costituito da sepolture maschili mentre le immagini reperite dagli investigatori raffiguravano, prevalentemente, figure femminili.
Le indagini si sono focalizzate, quindi, nei luoghi limitrofi al predetto sito umbro, al fine di accertare se altri ipogei fossero stati violati di recente. Valutata la necessità di disporre di adeguate attrezzature e mezzi meccanici per la movimentazione e il trasporto di tali reperti, considerato il peso e le dimensioni delle urne, i Carabinieri hanno posto mirata attenzione verso determinati soggetti ritenuti in grado di gestire le complesse operazioni di un recupero clandestino.
L’analisi di ulteriori dati acquisiti negli archivi amministrativi locali e l’interpolazione con gli elementi raccolti nella prima fase delle indagini, hanno consentito di incentrare l’interesse investigativo su un imprenditore locale, titolare di una società in grado di svolgere anche movimento terra, che possedeva, tra l’altro, terreni adiacenti a quelli in cui era stato scoperto nel 2015 l’ipogeo. Avendo avuto i militari del TPC conferma di una imminente commercializzazione dei beni sul mercato antiquario clandestino, hanno richiesto al gip l’autorizzazione allo svolgimento di intercettazioni telefoniche, attività che venivano supportate anche da servizi di osservazione e pedinamento, con l’utilizzo anche di un drone in dotazione al Nucleo Elicotteri Carabinieri di Pratica di Mare.
Le attività in questione hanno consentito di individuare con rilevante probabilità la presenza dei reperti all’interno di un’area ben delimitata nel territorio di Città della Pieve. Ѐ stato, quindi, emesso decreto di perquisizione locale ed in sede di esecuzione sono state scoperte proprio le urne ritratte nelle fotografie individuate nella fase iniziale dell’indagine. Inoltre, utilizzando anche gli elementi topografici acquisiti dal sorvolo del drone nell’area attenzionata, i militari TPC hanno potuto individuare con precisione il sito di scavo. In particolare, sono state individuate quali eventuali responsabili due persone, nei confronti delle quali si procede per i reati di furto e ricettazione di beni culturali e soprattutto sequestrate 8 urne litiche etrusche, due sarcofagi e il relativo corredo funerario di età ellenistica (III secolo a.C.).
Le urne, tutte integre, sono in travertino bianco umbro, in parte decorate ad altorilievi con scene di battaglie, di caccia e con fregi, alcune delle quali conservano pigmenti policromi e rivestimenti a foglia d’oro, altre con la raffigurazione del mito di Achille e Troilo. Dei due sarcofagi, uno è al momento rappresentato dalla sola copertura e l’altro completo dello scheletro del defunto.
Un preliminare studio scientifico delle urne redatto dai funzionari archeologi del Ministero della Cultura conferma l’appartenenza dei beni a un unico contesto funerario, consistente in una tomba a ipogeo riconducibile a una importante famiglia del luogo, i “PULFNA”. Particolarmente ricco il corredo funebre (suppellettili e vasellame, fittile e metallico) tra cui quattro specchi in bronzo, uno dei quali con l’antica divinizzazione di Roma e della lupa che allatta soltanto Romolo, un balsamario contenente ancora tracce organiche del profumo utilizzato in antichità, un pettine in osso, situle e oinochoai in bronzo, comunemente utilizzati dalle donne etrusche durante banchetti e simposi.
L’operazione descritta è considerata dagli esperti uno dei più importanti recuperi di manufatti etruschi mai realizzato durante un’azione investigativa. La circostanza, altresì, che le opere sequestrate siano riferibili a un unico ipogeo rendono particolarmente rilevante il valore archeologico, artistico e storico del recupero stesso.
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