La Collezione Gorga a Palazzo Altemps
Il collezionismo di opere d’arte e di oggetti antichi è da sempre uno dei passatempi preferiti di persone facoltose che possono permettersi di acquistarli, a volte anche a cifre esorbitanti. E numerosi sono i collezionisti, italiani e stranieri, che si sono contraddistinti. Uno di questi è stato senza dubbio Evan Gorga
Evan, diminutivo di Evangelista, Gorga nacque in provincia di Frosinone nel 1865 da Pietro Gorga, piccolo proprietario terriero, e Matilde de Sanctis, di nobili origini. Fin da giovanissimo si distinse per le sue spiccate doti di cantante lirico, che lo portarono a debuttare nel 1896 al teatro regio di Torino per la prima de La Bohème nel ruolo di Rodolfo. Nel 1899, nonostante il grande successo e i numerosi riconoscimenti, Gorga decise di ritirarsi dal palcoscenico e di dedicarsi alla sua grande passione per il collezionismo di opere antiche, scegliendo oggetti di forme, tipologie, materiali e cronologie diversi tra loro per costituire un proprio e unico museo personale. La smania di possedere oggetti del passato gli permise di accumularne una notevolissima quantità ma, come spesso accadeva nelle collezioni private, non era importante conoscerne l’esatta provenienza e documentarla: l’interesse principale era stupire per la quantità e la bellezza. Per questo motivo, sebbene Gorga abbia salvato dalla distruzione e dall’oblio migliaia di testimonianze del nostro passato, purtroppo non c’è modo – se non in pochi casi – di ricostruire il contesto di provenienza e di ricucire una parte di storia del luogo di origine andata persa per sempre.
Si conta che avesse raccolto all’incirca 180.000 pezzi tra strumenti musicali, reperti archeologici e non, acquistati in ogni dove e sistemati in dieci appartamenti affittati a Roma in zona Cola di Rienzo, per poter raccogliere e mettere in mostra la sua preziosa e collezione. Oggetti provenienti da contesti geografici e storici diversi, acquistati nei mercati antiquari o provenienti anche dai numerosi scavi che modificarono l’assetto urbanistico di Roma, da poco divenuta capitale del Regno d’Italia. Ben presto la collezione divenne famosa e moltissimi personaggi illustri dell’epoca, come Toscanini o Mascagni, fecero visita alle sue dimore romane, divenute ormai veri e propri musei.
Ma creare una raccolta, così immensa e variegata, aveva richiesto risorse economiche quasi illimitate e Gorga, per continuare ad accrescere il suo tesoro, contrasse numerosi prestiti. Nel 1929, sul lastrico con i creditori che premevano, lo Stato italiano pose sotto sequestro amministrativo l’intera collezione, per evitare che il suo patrimonio finisse in vendita, smembrato e disperso. In quell’occasione vennero fatte moltissime foto dal Gabinetto Fotografico Nazionale per documentare e catalogare i vari oggetti, anche se lo stesso Gorga aveva già redatto un suo personale catalogo. Si iniziò a riporre gli oggetti in casse lignee, dopo aver dato anche delle stime approssimative, e quelle stesse casse, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, vennero trasferite nei magazzini di vari musei per proteggerle (ad esempio, alcune furono portate a Palazzo Venezia).
Alla fine del conflitto la questione della collezione era ancora irrisolta. Solo nel 1950 lo Stato italiano, saldato il debito di oltre tre milioni di lire ai creditori e trovato un accordo, divenne proprietario dell’intera raccolta e i reperti vennero destinati ai magazzini delle Terme di Diocleziano e dell’Antiquarium del Palatino per poter essere catalogati e selezionati. Il lungo lavoro avvenne tra il 1952 ed il 1973, ben oltre la morte di Gorga sopraggiunta nel 1957; alla sua conclusione Valerio Cianfarani, che aveva supervisionato tutte le operazioni di schedatura del materiale archeologico, si occupò della divisione e assegnazione di alcune parti della collezione che, da quel momento, venne accolta in vari musei e regioni d’Italia. 1561 reperti furono donati in Italia, mentre altri 268 vennero destinati a musei e università di USA, Pakistan, Giappone, Thailandia e Brasile. Vennero scelti i pezzi che erano ripetitivi, anche se eterogenei, e soprattutto prevalse la donazione di forme vascolari.
Dal 2013 una parte della collezione è esposta a Palazzo Altemps a Roma, suddivisa tra il piano terra ed il primo piano, ed è parte integrante dell’esposizione permanente.
Nelle due sale adibite, vi sono delle grandi strutture lignee contenenti due vetrine. In ciascuna i reperti archeologici sono suddivisi per categorie. Il materiale esposto è davvero notevole, sia per quantità che per qualità. Le prime vetrine sono dedicate a splendidi esemplari di intonaci dipinti, stucchi, rivestimenti parietali, marmi pregiati e pietre dure. Si tratta di reperti frammentari di elevata qualità, con colori perfettamente conservati e nitidi, e duemila anni di vita.
Uno per tutti è un frammento di affresco a meandro di colore rosso, celeste e bianco con un piccolo riquadro raffigurante al suo interno un putto, proveniente dalla sala di Achille a Sciro della Domus Aurea. Lo stato di conservazione dei colori è quasi perfetto e permette di immaginare quale dovesse essere lo splendore della decorazione completa. Tra i pezzi esposti questo è uno dei pochi per il quale è stato possibile dare una provenienza certa e contestualizzarlo con certezza anche cronologicamente.
Una sezione è dedicata ai reperti in osso, avorio e ai giocattoli e ai pesi da telaio, alcuni dei quali con iscrizioni in etrusco. Si tratta di oggetti di uso quotidiano che restituiscono, nonostante la loro decontestualizzazione topografica, una realtà comune in tutte le epoche. Sono presenti aghi per cucire, aghi crinali, cucchiai o anche piccoli giochi: notevoli sono le bamboline in osso, con arti snodabili e i vasetti miniaturistici, che ci mostrano come dovesse presentarsi una cucina in epoca antica e possono farci immaginare una bambina, vissuta più di duemila anni fa, seduta a giocarci. Per quanto riguarda il vasellame, le forme, le tipologie e la probabile provenienza sono le più diverse: ci sono esemplari di produzione etrusca, corinzia, greca, daunia e apula.
Anche la sezione dedicata alle terrecotte architettoniche e votive mostra esemplari degni di nota con piccoli animali votivi ed ex voto anatomici: si tratta di oggetti in terracotta prodotti in serie, diffusi soprattutto tra Etruria e Lazio, che riproducevano le parti del corpo malate che erano state guarite dalla divinità e offerte come ringraziamento e segno di gratitudine per la guarigione, databili per lo più tra il IV ed il II secolo a.C.
Nella collezione esposta anche oggetti bronzei, materiale eterogeneo come bronzetti figurati o vasellame da banchetto, databili tra il VI ed il II secolo a.C. Per quanto riguarda il vasellame bronzeo si può notare come le forme, le dimensioni e lo scopo di utilizzo siano rimasti immutati nei secoli e si possano riscontrare negli oggetti che ancora oggi utilizziamo. Non mancano, tra gli esemplari che Gorga acquistò, anche dei pezzi che poi si rivelarono essere dei falsi, tuttavia difficilmente distinguibili a prima vista.
Altra categoria ricercata dal collezionista fu quella delle epigrafi, a prescindere dalla tipologia del testo. Ce ne sono alcune funerarie di notevole interesse, come quella dedicata a Claudia Successa dal marito che si conclude con la consueta frase “bene merenti fecit” e che presenta un incavo nella parte centrale con tre piccoli buchi sul fondo utilizzati a scopo rituale, durante i banchetti funebri in suo onore, per far arrivare il cibo alla defunta stessa.
La selezione di oggetti che appartenne a Evan Gorga, e ora esposta a Palazzo Altemps, in sole due sale offre una varietà tipologica e cronologica che abbraccia tutte le sfere della vita quotidiana dell’antichità e dimostra come egli avesse un interesse non settoriale per i manufatti antichi: non disdegnava di avere oggetti particolari, come le fistule acquarie, accanto a decorazioni parietali e architettoniche di notevolissimo pregio. Anche i reperti della vita quotidiana erano sia di eccelsa qualità, si pensi al vasellame bronzeo da banchetto, sia di fattura comune, come i pesi da telaio. Amava avere oggetti sacri, come gli ex voto, e oggetti puerili come le bamboline. A lui va senz’altro il merito di aver raccolto e preservato moltissimi reperti che forse sarebbero andati perduti, ma allo stesso tempo ha contribuito, forse inconsapevolmente, alla distruzione e all’oblio di parti di storia dei territori di provenienza. Gli oggetti decontestualizzati hanno perso la capacità di trasmetterci il loro valore, il loro ruolo: sono muti testimoni di qualcosa che è stato e che purtroppo non potrà mai più essere ricostruito.
Consegue a pieni voti la laurea in Lettere Antiche con Indirizzo Archeologico presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” con una tesi in Metodologia e Tecnica della Ricerca Archeologica. Successivamente, consegue il Diploma di Specializzazione in Archeologia Classica presso l’Università La Sapienza di Roma con una tesi in Teorie e Tecniche del Restauro Archeologico. Ha approfondito gli studi inerenti al Patrimonio Culturale e la sua tutela e difesa attraverso l’analisi dell’Operazione Ifigenia del CC TPC. Dal 2004 si occupa di assistenza archeologica, di direzione di scavi archeologici e della redazione della relativa documentazione. Ha partecipato a missioni archeologiche in Giordania presso il sito di Wadi Useykhim. Dal 2012 al 2016 ha collaborato occasionalmente con il Museo Civico Archeologico di Albano Laziale. Dal 2014 al 2016 ha rivestito il ruolo di socio fondatore e vice presidente dell’ associazione culturale Honos et Virtus e per il sito www.honosetvirtus.roma.it, ha curato la rubrica “Recensiones”. Dal 2017 è socio fondatore e vice presidente dell’associazione culturale no profit Niger Lapis. Dal 2018 ricopre il ruolo di OS 25 e da giugno 2021 collabora con Munus srl come operatore didattico presso Musei Capitolini, Mausoleo di Augusto, Ara Pacis e Mercati di Traiano. Ѐ iscritta nell’elenco nazionale ai sensi del DM 20/05/2019 n. 244 per il profilo di “Archeologo di I Fascia” ed è iscritta con il n. “RM – 2472” nel ruolo di Periti ed Esperti Sezione Unica della CCIAA di Roma per la Categoria XXIV ANTICHITÀ E BELLE ARTI.
Ѐ tra gli autori del progetto “Assassini dell’Arte — I podcast che raccontano le storie dei Crimini contro la Cultura”, patrocinato dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e sponsorizzato da Intesa San Paolo. A maggio 2022 ha ricevuto il Premio “Jean Coste” per la sezione Università – Archeologia.