Cattelan e Druet. Il diritto di paternità

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Maurizio Cattelan, La Nona Ora (1999) (Foto: Zeno Zenotti).

Se il 13 maggio c’erano centinaia di persone in un’aula della terza camera del tribunale di Parigi, specializzata nella proprietà intellettuale, prevediamo per l’8 luglio, giorno in cui la causa del secolo verrà decisa, il SOLD OUT.

Stiamo parlando della causa che vede Daniel Druet, 81enne scultore, francese, Gran Premio di Roma nel 1968, contro il nostro Maurizio Cattelan. Nel processo sono stati citati anche il gallerista Emmanuel Perrotin e il Museo de la Monnaie di Parigi e Druet ha chiesto alla corte di dichiararlo unico autore di otto statue in cera da lui materialmente realizzate per Cattelan, tra cui Now, Him, la Super Model, senza Brillo Box, e la Nona Ora (quest’opera è trasformativa e meriterebbe un commento approfondito differente) esposte alla mostra personale di Cattelan Not afraid of love.

I rapporti tra gli artisti si sono incrinati quando Druet ha richiesto per un restauro una cifra troppo elevata secondo Cattelan. Druet non era un dipendente di Cattelan e non aveva mai firmato un documento in cui abdicava in suo favore il suo diritto di paternità. Cattelan è l’ideatore delle opere e Druet è l’artista che ha dato forma alle idee sulla base di istruzioni “minimaliste” fornite dagli assistenti dell’artista italiano.

Avevo già scritto il mio pensiero a proposito di questa controversia e citato il caso di Renoir e Guino.
Anche lì c’era di mezzo un gallerista, che addirittura aveva, alla maniera di Franzen (Jonathan Earl) applicato delle Correzioni alla realtà dei fatti. Vollard, infatti, nelle sue Memorie di un mercante di quadri, aveva raccontato che « Renoir aveva settantacinque anni. Paralizzato dai reumatismi, continuava a lavorare con lo stesso ardore della giovinezza», tralasciando di dire che non avendo più la forza di scolpire aveva delegato a Richard Guino la realizzazione sotto la sua direzione di un certo numero di sculture a sua firma.

Nel processo, invece, risultò provato che Vollard avesse pagato a Guino 6.300 franchi (anche Druet è stato pagato da Perrotin) ma la Corte di Cassazione Francese, nel 1973, stabilì che Guino, non era stato un semplice modellatore dipendente, che talvolta lavorava da solo, che certe caratteristiche delle opere così eseguite portavano l’impronta del suo personale talento creativo e che, quindi, meritava la qualità di coautore e i diritti morali e precisò che «le sculture sarebbero state diverse se fossero state opera del solo Renoir‎‎» (Cour de Cassation, Chambre civile 1, 13 novembre 1973, 71-14.469).

Le Monde il 14 maggio, invece, ha aperto addirittura un forum, firmato da sessantacinque artisti e personalità, allarmati da una deriva “reazionaria” che equivarrebbe a “squalificare” questa forma di arte contemporanea concettuale, in cui Cattelan è l’eroe dell’arte concettuale.

Avrei preferito, però, firmare una petizione in favore di Druet perché sarebbe molto triste che negli ambienti culturali si discriminassero gli artisti minori a vantaggio delle star dell’art market.

In proposito posso dire, e spero che mi sarà perdonata l’autocitazione, che quando mi sono improvvisata artista e ho creato con Maurizio Seracini l’NFT La Dama Svelata avevo un’idea precisa in testa e, non essendo un genio del digitale, avevo affidato la sua realizzazione alla società Crazypanda.
Ebbene, ho scritto decine di messaggi, ho mandato email, abbiamo fatto lunghe telefonate, li ho fatti impazzire. Non riuscivo a spiegare e farmi capire ma alla fine il mio piccolo miracolo è accaduto quando mi sono seduta “accanto” alle mie mani digitali e da lì accanto ho dato le mie istruzioni.

Se Rodin avesse creato una serie di NFT l’esito della causa avrebbe, forse, potuto essere diverso, per Cattelan invece dovrebbe valere ancora il principio della Corte di Cassazione italiana che ha stabilito che «sono coautori non solo l’ideatore e creatore del bozzetto ma anche il maestro vetraio, il quale non conferisce soltanto un contributo tecnico, tendente a realizzare fedelmente un’idea altrui, ma contribuisce in modo creativo, momento per momento e con i necessari adattamenti, alla stessa ideazione, oltre che alla realizzazione dell’opera» (Cass. Civ. 25 novembre 2011, n. 24970).

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