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Nel pomeriggio di martedì 12 marzo, presso l’aula 111 della prima sezione penale del Tribunale di Napoli, è arrivata la sentenza di primo grado sulla sparizione di circa 1.500 volumi antichi dei Girolamini. Dopo 124 udienze e 11 anni di dibattimento, il collegio giudicante presieduto da Maurizio Conte ha ritenuto gli imputati non colpevoli dei capi di accusa più gravi, formulati in fase d’indagine, «perché il fatto non sussiste». Dunque non è stato un disegno criminoso organizzato né un’associazione a delinquere quella che portò a una sostanziosa spoliazione del patrimonio librario di una delle più belle, ricche e importanti biblioteche storiche del Meridione.

Non c’è stata devastazione, nemmeno saccheggio e neanche sottrazione di documenti, “solo” peculato per 6 dei presunti responsabili chiamati alla sbarra: Massimo Marino De Caro, direttore della Biblioteca dei Girolamini tra il giugno 2011 e l’aprile 2012, è stato condannato a 5 anni e 3 mesi di reclusione, una pena che si aggiunge ai 7 anni rimediati in via definitiva nel 2015; 1 anno a Mirko Camuri, in continuità con i precedenti 4 anni e 8 mesi, 5 anni e 6 mesi a Maurizio Bifolco (era accusato di essere il promotore dell’organizzazione), 4 anni e 6 mesi a Luca Cableri, 4 anni a Stephane Delsalle, e 2 anni e 6 mesi a Stefano Ceccanton. Assolti invece da ogni capo d’imputazione Alejandro Eloy Cabello, Cesar Abel Cabello, don Sandro Marsano, Viktoriya Pavloskiy, Federico Roncoletta e Lorena Paola Weigant. La pubblica accusa, rappresentata in aula dalla pm Antonella Serio, aveva chiesto per tutti 10 anni di reclusione.

Si dovrà attendere il deposito delle motivazioni per conoscere le ragioni di una sentenza in cui spicca l’estraneità ai fatti di Marsano, al tempo conservatore della biblioteca, che avvallò la nomina di De Caro a direttore (senza titoli). «Siamo riusciti a dimostrare dal punto vista storico, sociologico e fattuale la completa estraneità di don Sandro, completamente soggiogato da De Caro che il sacerdote riteneva un rivitalizzatore della biblioteca», ha dichiarato all’ANSA l’avvocato Bruno von Arx, che ne ha sostenuto la difesa insieme al collega Manlio Pennino.

Il Tribunale ha inoltre disposto la confisca di beni immobili nei confronti di Bifolco, Cableri, De Caro e Delsalle, dei titoli intestati a Bifolco, dei libri e del deposito sul conto corrente di De Caro, per un totale di 8 milioni e mezzo di euro. Dissequestrato infine il patrimonio librario dei Girolamini.

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