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La statua frammentaria del generale Neshor, risalente al VI secolo a.C., è la protagonista del nuovo appuntamento con il ciclo Nel laboratorio dello studioso, l’iniziativa bimestrale che accompagna i visitatori dietro le quinte del Museo Egizio, alla scoperta dell’attività scientifica condotta dai curatori ed egittologi del Dipartimento Collezione e Ricerca del museo.

Neshor, detto Psamtek-Menekhib e originario della città di Mendes, è stato un alto funzionario della XXVI dinastia incaricato di supervisionare e garantire la sicurezza ai confini egiziani. I titoli amministrativi e gli epiteti onorifici, rintracciati anche in altri monumenti, evidenziano il ruolo di primo piano ricoperto nell’esercito. Un’iscrizione geroglifica, incisa sul pilastro dorsale del manufatto, descrive il soggetto raffigurato e reca il nome del faraone Apries (589-570 a.C.): un elemento che potrebbe fissare la realizzazione della scultura durante il suo regno. Ciò nonostante, altre fonti suggeriscono che Neshor fosse già in carica durante il regno di Psammetico II (595-589 a.C.), predecessore di Apries.

La statua è stata vista per la prima volta in vendita nel 1947 da uno studioso al Cairo: passando da un antiquario all’altro, lì è rimasta fino al 1971. Tuttavia, tra gli anni ’60 e gli anni ’70, il reperto è stato oggetto di una “manomissione aggiuntiva”: un falso volto di faraone, il viso di un sovrano dall’ureo e dalla barba posticcia, è stato applicato con della resina dipinta di scuro. L’unione tra il reperto e il frammento oggi rappresenta il punto d’incontro tra l’antico e il moderno.

«Abbiamo deciso di organizzare questa mostra – spiega uno dei curatori, l’egittologo Maxence Garde – per far luce su un altro aspetto della ricerca contemporanea sulle collezioni d’arte egizia, ovvero la ricerca sulla provenienza. La ricerca sulla provenienza riguarda il modo in cui gli oggetti entrano a far parte delle collezioni e ciò che è importante nel caso studio di Neshor è che il suo lungo viaggio dal Cairo a Torino ha avuto un grande impatto sulla sua materialità, in altre parole la statua è mutata nel suo aspetto. Attraverso i diversi oggetti, manufatti, fotografie e documenti, è possibile vedere come la statua sia cambiata dal 1947, quando fu messa in vendita per la prima volta al Cairo presso il negozio di Maurice Nahman, al 2002, anno in cui la statua fu sequestrata dalla polizia di frontiera italiana», alla dogana sul confine italo-svizzero, e successivamente acquistata dal Museo Egizio.

Un falso autentico: la statua di Neshor rappresenta dunque l’occasione per ricostruirne la storia e approfondire il tema delle falsificazioni. All’inizio dell’Ottocento, quando l’Egitto si apre all’Occidente e si vanno formando le prime grandi raccolte europee, il mercato di antichità è fiorente. È in questo periodo che iniziano a circolare anche parecchi falsi, oggetti «che ritroviamo in tutte le collezioni, comprese quella del Museo Egizio», confessano a Torino. «Si tratta spesso di copie grossolane con geroglifici di fantasia, ma alcuni sono realizzati con sufficiente perizia da ingannare persino alcuni esperti». Uno scarabeo con testa umana, un coperchio di cassettina decorata con una scena di caccia, una tavola d’offerta con iscrizioni geroglifiche e un cubito di Usirur, figlio di Neskhonsu, tutti falsi, sono esposti.

«Questa mostra è importante – sottolinea Garde – anche perché rende onore alle persone, agli egittologi, ai collezionisti e anche ai commercianti che hanno contribuito alla conservazione della cultura e dei manufatti egiziani. Infatti, né l’articolo che abbiamo su questa statua, né il nostro lavoro per questa mostra sarebbero stati possibili senza persone come Jacques-Jean Clère, Bernard Bothmer o Jean Yoyotte. Tutti e tre questi egittologi e curatori hanno avuto l’intuizione che tracciare la provenienza degli oggetti fosse cruciale, in un’epoca in cui si tendeva a trascurare informazioni come queste; solo oggi ci rendiamo conto della loro lungimiranza. Desideriamo quindi ringraziarli».

Un falso autentico: la statua di Neshor è un progetto espositivo a cura di Maxence Garde, egittologo e curatore, responsabile delle collezioni presso il Grahal di Parigi; di Matteo Lombardi, egittologo, epigrafista e dottorando in Egittologia all’Università di Ginevra; e di Federico Poole, curatore del Museo Egizio dal 2013, si occupa di editoria scientifica ed è direttore della Rivista del Museo Egizio.

La mostra sarà aperta al pubblico, presso il Museo Egizio di Torino, fino a domenica 15 ottobre 2023 con il seguente orario: lunedì dalle 9:00 alle 14:00, martedì-domenica dalle 9:00 alle 18:30.

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