La Francia accelera sulla restituzione dei beni culturali razziati agli ebrei

Il 29 giugno l’Assemblea nazionale francese ha approvato all’unanimità «il primo disegno di legge che, dalla Liberazione, riconosce la specifica spoliazione subita dagli ebrei, in Francia e ovunque, per effetto della Germania nazista e le varie autorità sono state legate». Il 23 maggio il testo era stato arricchito e adottato, sempre all’unanimità, dal Senato

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Rima Abdul Malak, Ministra della Cultura francese, si è presentata all’Assemblea nazionale, per la votazione definitiva del disegno di legge che facilita la restituzione dei beni e delle opere d’arte saccheggiati agli ebrei tra il 1933 e il 1945, con un intervento che coniuga memoria e responsabilità, impegno, verità e giustizia.

La Ministra della Cultura francese, Rima Abdul Malak (Foto: Thibaut Chapotot).

«Parte del popolo francese, gli ebrei, nati qui o altrove, furono perseguitati nel nostro Paese. Le loro proprietà sono state saccheggiate, le loro vite sono state prese o la loro esistenza è stata costretta alla clandestinità o all’esilio. Non possiamo dimenticarlo», ha dichiarato in apertura. «Nel 1995, il Presidente Jacques Chirac ha riconosciuto per la prima volta la complicità della Francia nella deportazione degli ebrei francesi durante l’occupazione della Francia da parte della Germania nazista. Ha riconosciuto che abbiamo ancora un debito indefettibile nei loro confronti. In altre parole – ha sottolineato – un debito eterno».

«I nazisti sequestrarono tutto ciò che aveva valore, quadri, oggetti di uso quotidiano – libri, stoviglie, fotografie. Sono tutti ricordi che non siamo mai riusciti a recuperare, anche se non ne abbiamo perso la memoria». L’esponente di Governo ha dunque fornito una stima: «almeno 5 milioni di libri siano stati sottratti a queste famiglie e 100.000 opere d’arte, oggetti d’arte e strumenti musicali siano stati saccheggiati agli ebrei nella sola Francia». E ha puntualizzato con forza che «“arianizzare”, saccheggiare e depredare i beni culturali degli ebrei, significava cercare di cancellare non solo il popolo che veniva distrutto, ma anche il suo patrimonio, la sua storia, la sua individualità e la sua posterità». Per «ridurli a un numero senza voce, senza bagaglio, senza diritti». E se «la storia non può essere riscritta». E «nulla può cancellare la tragedia della Shoah», ma ora «possiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per garantire che questi beni culturali possano essere restituiti ai legittimi proprietari di coloro che ne sono stati privati. Questo significa cambiare la legge. Lo dobbiamo alle vittime di ieri e ai loro eredi di oggi: restituire loro un frammento della loro storia familiare».

Nel suo intervento all’Assemblea nazionale Rima Abdul Malak ha voluto ricordare che all’«indomani della Seconda guerra mondiale, gli Alleati hanno cercato di recuperare queste opere saccheggiate prima che venissero disperse nel travagliato contesto della fine del conflitto. Molte di queste opere sono state individuate grazie a un’eroina della Resistenza che ha rischiato la vita per fare la cosa giusta, senza aspettarsi nulla in cambio: Rose Valland, curatrice volontaria del Musée du Jeu de Paume». Una figura di primo piano, una Monuments Woman il cui «lavoro come ufficiale di collegamento per la Commission de récupération artistique, unito a quello degli Alleati, portò alla restituzione di circa 60.000 opere delle 100.000 che erano state trasferite in Germania e Austria. Dobbiamo molto a Rose Valland – ha riconosciuto la Ministra – al suo coraggio e al suo senso di giustizia».

Rose Valland

Tuttavia, l’assunzione di «districarsi nel tortuoso percorso di queste opere, spesso fatto di occultamenti e manipolazioni, è estremamente complesso. È un lavoro investigativo a lungo termine che richiede grande determinazione, ma anche competenze estremamente specializzate» che partono anzitutto da una ricostruzione storica. «Negli ultimi decenni, numerosi studi condotti in Europa, e in particolare in Francia e Germania, hanno rivelato, digitalizzato e condiviso fonti d’archivio che contribuiscono a combattere l’oblio». E ora «nessuno può più ignorare queste risorse».

L’obbligo morale e politico del Governo francese, verso gli eredi degli ebrei che furono vittime delle razzie e delle umiliazioni naziste, non è cominciato nel corso dell’ultima legislatura: «in occasione della commemorazione della retata di Vel d’Hiv nel 2018, il Primo Ministro si è impegnato a “fare meglio” in termini di rintracciamento e restituzione delle opere d’arte saccheggiate alle famiglie ebree. A tal fine, nel 2019 abbiamo creato la Mission de Recherche et de Restitutions des biens culturels spoliés entre 1933 et 1945 (Missione di Ricerca e Restituzione dei Beni Culturali Saccheggiati fra 1933 e 1945) all’interno del Ministero della Cultura, per indirizzare e guidare questa politica pubblica di ricerca, riparazione e ricordo». Ma anche «quando queste lunghe e difficili ricerche hanno successo, quando un’opera saccheggiata viene identificata come tale nelle collezioni pubbliche, quando i suoi proprietari sono stati identificati, quando tutte le parti sono d’accordo sul principio della restituzione, è ancora impossibile restituirla senza approvare una legge che deroghi al principio dell’inalienabilità delle collezioni pubbliche».

È dunque «modificando il Codice del Patrimonio francese che, questa proposta di legge sulla restituzione dei beni culturali spogliati nel contesto delle persecuzioni antisemite perpetrate tra il 1933 e il 1945, aprirà un nuovo capitolo nel rapporto con la nostra storia, nell’interesse della giustizia e della verità storica» ha esortato la Ministra. «Questa proposta di legge è solo un modesto contributo a questa battaglia in corso. Ma non per questo è meno storica. Fa parte di un percorso aperto nel labirinto dai combattenti della Resistenza, a Londra, in Nord Africa, ma anche nei nostri musei. Aperto da Rose Valland, aperto da tutti coloro che hanno lottato per la giustizia e l’umanità. Con questa legge – ha concluso – rendiamo omaggio al loro impegno e al loro coraggio, dimostrandoci degni di loro».

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