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Nel 2009 un gruppo di ricercatori dell’Università di Tubinga hanno ritrovato un flauto di 35.000 anni fa in una caverna del sito di Hohle Fels and Vogelherd, nei dintorni della città di Ulm, in Germania. Un rinvenimento di eccezionale valore: uno strumento con cinque fori, lungo 21,8 centimetri per 8 millimetri di diametro, in buone condizioni conservative e quasi del tutto integro. Il flauto, secondo approfonditi studi, fu ricavato dall’osso di un avvoltoio e testimonia quanto la musica abbia avuto, anche a quei tempi, un ruolo fondamentale nel favorire la coesione sociale e la diffusione dei primi concetti di “cultura”. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e molti materiali sono stati utilizzati per realizzare flauti sempre più sofisticati: legno, argento, oro, platino, carbonio.

Tra i flauti d’oro compie quest’anno 65 anni di attività il flauto realizzato dalla William S. Haynes Flute Company di Boston – con matricola n. 25600 – per Severino Gazzelloni (1919-1992), grande e indimenticato musicista italiano: primo flauto nell’Orchestra RAI di Roma, docente all’Accademia di Santa Cecilia e ai Corsi estivi di Darmstadt, riconosciuto tra i migliori flautisti del ’900 con un repertorio vastissimo (da Vivaldi ai contemporanei) e destinatario di molte composizioni a lui dedicate dai compositori Maderna, Berio, Nono, Donatoni ed altri ancora.

Severino Gazzelloni

Sempre d’oro era il flauto che 5 anni fa fu trafugato – e non ancora ritrovato – in pieno centro a Firenze da ladri che, entrati nell’abitazione di due musiciste di origine russa forzando una porta finestra, lo hanno sottratto assieme ad altri oggetti di valore.

Si sa che molti ladri sono interessati solo al materiale prezioso del quale sono realizzati alcuni strumenti, non certo alle questioni sonore che, al contrario, interessano moltissimo i musicisti. A tal proposito – come avrebbe cantato Jarabe de Palo “Depende, de qué depende? De según como se mire, todo depende…” – il notissimo costruttore di strumenti a fiato Albert Cooper (1924-2011), raccontò un aneddoto che val la pena riproporre per comprendere meglio il “depende”. Una sera Cooper invitò nel proprio atelier alcuni costruttori e specialisti del flauto per far loro sperimentare una serie di strumenti da lui creati con diversi materiali. Ad un certo punto della serata chiese loro di riconoscere, bendati, il materiale “misterioso” col quale aveva realizzato un pezzo unico che suonava davvero bene. Gli esperti, dopo diverse prove acustiche e tattili diedero prova della propria perizia: “20%oro, 30%platino, 40%argento e via così per un’oretta, con un confronto serrato e ricco di giustificazioni a supporto delle varie tesi. Dopo che ognuno degli illustri ospiti si fu espresso, Cooper rivelò finalmente il mistero: aveva usato per quel meraviglioso flauto un metallo ottenuto fondendo una normale pentola da cucina! Ai “cercatori d’oro” non interessa certamente il suono degli strumenti che rubano; per i musicisti, al contrario, “quel” suono è fondamentale dato che i “materiali” della musica sono i silenzi e i suoni, comunque siano ottenuti, dall’osso di un avvoltoio o da un lingotto.

Albert Cooper

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