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Ancora una volta tutela e ricerca si confermano essere due facce della stessa medaglia, per dirla come il direttore di Paestum e Velia, Gabriel Zuchtriegel. L’obiettivo è sviluppare un modello di comportamento dinamico dell’edificio e rintracciare cambiamenti strutturali, magari non visibili a occhio nudo, ma potenzialmente pericolosi.

Sono stati quindi installati 14 sensori sulle parti alte del tempio, talmente sensibili che misurano anche l’impatto del vento e del traffico vicino. I dati risultanti dal costante monitoraggio online potranno essere consultati parzialmente da tutti, mentre saranno gratuitamente accessibili agli enti di ricerca del mondo.

Il lavoro rappresenta l’unione di più competenze all’interno della stessa Università di Salerno, tra cui il prof. Fabrizio Barone per la parte di sismologia e geofisica e l’ingegnere Luigi Petti insieme all’architetto Antonella Manzo per la messa a punto del piano. Lo stesso rientra in realtà in un progetto di ricerca più ampio, che coinvolge università come La Sapienza di Roma e quella di Kassel in Germania.

Dallo scavo per i sensori si sono potute confermate le ipotesi avanzate dall’archeologo Dieter Mertens circa la costruzione delle fondamenta del tempio, che le vedono risalire a ben mezzo secolo prima della fine del progetto (460 a.C.). In più sono sorte maggiori informazioni sulla rimodulazione del paesaggio circostante.

I mecenati locali hanno finanziato i lavori tramite lo strumento dell’Art Bonus.

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