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Prima che la mostra Caravaggio. Il Contemporaneo aprisse i battenti al Mart, il Museo di Arte moderna e contemporanea di Rovereto, le bacheche Facebook di diversi profili trentini e buona parte della carta stampata locale si sono contraddistinti per un profluvio di entusiasmo nei confronti del guizzo determinato del Presidente Sgarbi: portare in Trentino Il Seppellimento di Santa Lucia. Ma, al netto del giubilo provinciale trentino e del malumore siciliano, vale la pena sviscerare e contestualizzare un’operazione culturale che si inserisce in un annus horribilis, in un anno segnato da una pandemia e in un autunno dove la ripresa dei contagi da Covid.19 ha determinato nuove e stringenti restrizioni. Compresa la chiusura dei musei.

La calorosa accoglienza ha certamente reso merito e giustizia al dipinto siracusano del Merisi: Caravaggio è contemporaneo. E lo è ancora di più Il Seppellimento di Santa Lucia in un tempo dove famiglie e comunità hanno sperimentato la perdita e il dolore del distacco senza la possibilità di celebrare il rito intimo e al contempo collettivo delle esequie dei propri cari. È un giorno senza luce, è una notte senza alba quella che ci restituisce la pala dipinta per la Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro fuori le Mura nel 1608, e che ben rappresenta le fosche tonalità dell’esistenza tormentata del suo autore. Dall’oblio alla riscoperta longhiana, da Caravaggio a Pasolini, lo stesso Vittorio Sgarbi è stato un conturbate interprete divulgatore portando sulla scena trentina già nel 2017, dunque ben prima dell’ostensione roveretana, il suo “Caravaggio” e i Ragazzi di vita all’Auditorium Santa Chiara. Ma questa mostra si spinge oltre, accosta il Seppellimento alle opere materiche di Burri. Alla terra, ai sacchi, al metallo. «Un nesso concettuale, una connessione tra il senso di morte, di disfacimento, di forma che si dissolve nell’opera di Burri e di forma che si dissolve nel fondo del Seppellimento di Santa Lucia», puntualizza Sgarbi. La posizione del corpo in primo piano de “I naufraghi”, dipinto di Cagnaccio Di San Pietro del 1934, rimanda alla Santa caravaggesca. Il viaggio perciò inizia da Caravaggio, si fonde nell’informale di Burri, riemerge nel realismo di Di San Pietro e termina con il neorealismo e sulle immagini del corpo straziato di Pier Paolo Pasolini.

Gli accenti entusiastici trentini hanno tuttavia archiviato con una certa fretta e superficialità due questioni che non possono essere escluse dalla valutazione complessiva dell’operazione culturale targata Sgarbi: “le stanche polemiche” e “l’antipatia verso Sgarbi”.

Già nella primavera pandemica l’ipotesi di un trasferimento trentino aveva infiammato gli animi esacerbando un non-confronto: da un angolo del ring il Presidente del Mart dall’altro Italia Nostra Sicilia, l’Archeoclub siracusano presieduto da Carlo Castello, Francesco Italia e Fabio Granata, Sindaco e Vicesindaco di Siracusa, Paolo Giansiracusa, ordinario di Storia dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Catania. In tutto 350 persone, tra docenti, artisti, professionisti e rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni, hanno sottoscritto una lettera indirizzata ai Ministri Franceschini e Lamorgese, e hanno lancianto in rete una petizione che ha raccolto 2283 sostenitori[1]. Dunque non un manipolo sparuto di rompiscatole o di eversivi come si è cercato di liquidarli.

Per Irene Donatella Aprile, Soprintendente ai Beni culturali di Siracusa, «è stata una pagina triste questa dell’opposizione al Caravaggio perché un siracusano dev’essere fiero e orgoglioso che un suo quadro venga ammirato in un museo importante come il Mart di Rovereto o in un’altra sede che non sia la sua città». Un orgoglio venduto a caro prezzo, stando agli accordi: il 18 settembre il Consiglio di amministrazione del Fondo edifici di culto (Fec), presieduto dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt – non nuovo a prestare opere inamovibili (a fine di febbraio il Comitato scientifico degli Uffizi si era dimesso contro il prestito del Leone X di Raffaello alle Scuderie del Quirinale) – e detentore della pala, ha concesso il nulla osta a fronte della “la copertura non solo di tutte le spese collegate al trasporto dell’opera alla mostra di Rovereto, ma anche delle spese per le indagini diagnostiche e gli eventuali interventi conservativi e/o di restauro sulla tela da parte dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro (Iscr) di Roma”. Non è tutto. “Tra gli impegni assunti dal Museo d’arte moderna e contemporanea trentino c’è anche la copertura del costo di installazione di impianti di videosorveglianza e anti-intrusione nella chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, sede originaria dell’opera, presso la quale la tela sarà ricollocata al rientro da Rovereto – dove sarà esposta fino al 4 dicembre – e in tempo per le celebrazioni della festa della santa, il 13 dicembre. Nel frattempo sarà sostituita da una copia ad altissima definizione realizzata con fondi del Mart e ceduta in proprietà al Fec, che potrà concederla per fini culturali e di culto”.

E qui potrebbero nascere preoccupazioni e dubbi: sono stati sufficienti i 350mila euro che la Provincia autonoma di Trento avrebbe messo sul piatto e nelle mani di Sgarbi per il Caravaggio siracusano? Inoltre l’esposizione della tela, ridotta di fatto a venti giorni, è riuscita a coprire i costi? Chiaramente no – e questo non è certo dipeso da Sgarbi – ma ci sarebbe stato da augurarsi un gran incasso, visto che lo scorso 8 maggio la Giunta ha deliberato in sede di “Riprogrammazione delle risorse provinciali relative al comparto Istruzione e Cultura a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID 19” una riduzione di 900mila euro rideterminando l’assegnazione delle risorse destinate al funzionamento del Mart in 3.697.075,00 euro per l’esercizio finanziario 2020. Se consideriamo che i contributi provinciali erano stati di 4.908.075,00 euro nel 2019 e di 6.981.404,22 euro nel 2018, la decrescita non sembra così felice e in linea con il rilancio – tanto auspicato e motivo per cui è stato nominato Sgarbi Presidente – del museo roveretano: con una mano si stanziano 350mila euro straordinari e con l’altra se ne tagliano 900mila per l’ordinario. Un’operazione, così discussa e costosa, era realmente opportuna ed economicamente sostenibile in un autunno così incerto e “povero” per la Cultura trentina? 

Inoltre l’antipatia nei confronti di Sgarbi – è stato scritto – farebbe “un torto a Caravaggio, all’arte e anche al Mart”[2]: molte persone infatti, commentando sui social, non andrebbero al Mart proprio a causa di Sgarbi. Ma questa antipatia, vera o presunta, come si colloca rispetto alle distanze che il Vicepresidente Silvio Cattani e la Consigliera Dalia Macii presero formalmente lo scorso 10 marzo, seguiti a stretto giro da 43 dipendenti del Mart che ne chiedevano le dimissioni? Un dissenso tutto interno, certo, frutto delle dichiarazioni del Presidente sulla pandemia e le misure per contrastarla, opinioni personali che riverberano polarizzando il dibattito a prescindere dalle indiscusse competenze storico-artistiche di Sgarbi. D’altra parte, si ricorderà certamente l’immagine di uno Sgarbi “deposto”, in caravaggesche movenze, dall’Aula di Montecitorio il 25 giugno e poi nuovamente il 29 ottobre: una performance o forse “un torto a Caravaggio, all’arte e anche al Mart”?

A poco sono valse le richieste sgarbiane, sostenute dai gruppi roveretani di Fratelli d’Italia, Partito Democratico e Partito Autonomista Trentino Tirolese, (incredibilmente) uniti attorno al Presidente, per prolungare il prestito oltre l’accordo con il Fec. A nulla è servita la missiva di Mirko Bisesti, Assessore all’istruzione, università e cultura della Provincia autonoma di Trento, indirizzata al Presidente Schmidt e all’omologo siciliano Alberto Samonà: anche se “le limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria «rendono materialmente difficile l’organizzazione delle operazioni di rientro a Siracusa dell’opera»” – come ha scritto Bisesti – la Ministra Lamorgese ha fatto sapere che la tela deve far ritorno a Siracusa entro i tempi concordati. Sembra quindi si siano arenate anche le trattative che Sgarbi aveva in corso con il Vaticano per far esporre in una chiesa di Roma la pala di Caravaggo: “sarei felice – aveva dichiarato – di affidare la Santa Lucia a Papa Francesco o a Papa Ratzinger a Castelgandolfo”. Ma così non sarà. 

Secondo quanto comunicato al Fec il dipinto dovrebbe partire nella giornata del 6 dicembre per essere a Siracusa entro l’8: «questo anticipo consente, come si era programmato, la presentazione dell’operazione, compiuta grazie all’intervento del Mart, in presenza mia (di Sgarbi, ndr) e del ministro dell’Interno Lamorgese, concordando la presenza a Siracusa per il 10 dicembre, salvo controindicazioni legate alla situazione sanitaria. Fin dal 10 dicembre l’opera potrà dunque essere ricollocata nella sua sede originaria in attesa della festa del 13».

E mentre la querelle attorno al controverso prestito siciliano pare volgere al termine, anche se la mostra prosegue con una copia della pala fino al 14 febbraio 2021, tutt’altro che risolti sono i problemi del museo di Rovereto. Il Mart va sostenuto ora e subito perché da giugno 2020 gli ingressi si sono dimezzati. E va sostenuto a partire dalla società civile che deve iniziare a pretendere una politica sobria, seria e sostanziale di rilancio strutturale del museo, che passi dall’investimento di nuove risorse alla stabilizzazione delle professionalità sino al bando per un nuovo Direttore, questione quest’ultima già auspicata da diversi artisti trentini che nel maggio di quest’anno avevano scritto (invano, al momento) alla Giunta provinciale: il Mart “deve rimanere luogo di movimentazione delle idee e delle creatività ad ampio raggio con spiccato senso e vocazione contemporanea, che guarda alle sfide del futuro, un futuro complesso ma che possiamo affrontare con coraggio, ricerca, sviluppo e crescita”. E non basta un Seppellimento eccellente per vincere tutte le sfide del contemporaneo.


[1]Dato aggiornato al 2 dicembre 2020.

[2]Patrizia Belli, Questo Caravaggio merita, in Trentino, 10 ottobre 2020.

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