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Una villa del periodo imperiale giaceva sepolta sotto strati di cemento abusivo. A Miseno, punta estrema della Penisola flegrea, i resti di un’imponente residenza aristocratica sono venuti alla luce durante i lavori di rigenerazione urbanistica disposti dal Comune. Si avevano già delle sommarie informazioni, ma solo gli scavi curati dalla Soprintendenza dell’Area Metropolitana di Napoli hanno potuto confermare le ipotesi degli archeologi: in quel punto anticamente sorgeva un maestoso edificio. Secondo alcuni potrebbe trattarsi della residenza di Plinio il Vecchio.

Della villa romana di Miseno si aveva notizia fin dai primi anni del secolo scorso, grazie ad alcune foto storiche e a un rilievo pubblicato nel 1979 da Maria Rosaria Borriello e Antonio D’Ambrosio. Sebbene l’area fosse già vincolata per le numerose infiorescenze storiche, nel 1982 proprio in quel punto è stato edificato uno stabilimento balneare che protendeva fin sulla spiaggia scale, pedane e scivoli di cemento armato: il cosiddetto Lido Piranha. “Un ecomostro”, così lo definisce il comunicato della Soprintendenza, abbattuto nel 2007. Nulla però venne fatto per riqualificare la zona, affacciata su uno degli scorci più spettacolari della costa campana. Chiuso e abbandonato da 15 anni, l’ex lido intitolato alla vorace specie fluviale amazzonica è poi diventato una discarica a cielo aperto. Fino a quando la magistratura ne ha ordinato il sequestro.

Nel 2021 sono stati rimossi i sigilli, e il comune di Bacoli, competente nel territorio di Capo Miseno, finalmente ha potuto avviare le opere di riqualificazione. La zona sarà trasformata in un parco urbano con discesa a mare e parco giochi. Ed è stato proprio nel corso dei primi lavori di pulizia, rimozione delle strutture preesistenti e movimento terra che sono arrivate le conferme alle supposizioni degli studiosi. Dal sottosuolo sono emersi i resti della monumentale villa romana, databile intorno al I secolo d.C., realizzata da abili maestranze in opera reticolata di cubilia di tufo. La pianta dell’edificio si estende dallo spiazzo attualmente ingombro di sterpaglie fino alla spiaggia e ai fondali antistanti, per diverse decine di metri. Sono stati individuati una decina di ambienti di grandi dimensioni con diverse fasi edilizie, piani di calpestio e tracce di rivestimento murario.

Secondo alcuni studiosi sarebbe proprio questa la prova regina che riporterebbe direttamente all’autore della Naturalis Historia, il più grande divulgatore scientifico della romanità. Vista la complessità della struttura, la villa era quasi certamente dotata di ampie terrazze sul mare, come ci si aspetterebbe dalla residenza del Prefetto della flotta romana del Tirreno, la Classis Misenensis. Incarico ricoperto da Plinio negli ultimi anni della sua vita.

Il 24 agosto del 79 d. C., la colonna di fumo soffiata dal Vesuvio troneggiava sul golfo di Napoli, simile a un immenso pino marittimo. E di certo appariva sconcertante anche per chi, come Plinio, si trovava dal lato opposto del golfo. “Da persona erudita qual era, gli parve che quel fenomeno dovesse essere osservato meglio e più da vicino. Si affrettò verso il punto da cui tutti gli altri fuggivano, così privo di paura da dettare e descrivere ogni fenomeno di quel terribile flagello, ogni aspetto, come si presentava ai suoi occhi. Già la cenere cadeva sulle navi, tanto più alta e densa quanto più si approssimava; già cadevano della pomice e dei ciottoli anneriti, cotti e frantumati dal fuoco”, raccontò Plinio il Giovane, suo nipote. Consegnando alla storia il sacrificio dello zio in nome dell’amore per la conoscenza.

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