(Tempo di lettura: 3 minuti)

Capita spesso che chi lascia Napoli voglia portare con sé un po’ della sua bellezza o almeno qualcosa di buono da mangiare. Il 4 aprile del 1983 un archeologo francese si presentò ai varchi dell’aeroporto di Capodichino con una busta di plastica. Sembrava un pacco di mozzarelle, occultava invece una statua di marmo, la testa di un efebo di età romana. Interrogato sull’insolito bagaglio, l’archeologo spiegò di aver acquistato il reperto a Pompei, da un contadino, per appena 50 mila lire. Giurò che appena arrivato a Parigi l’avrebbe donato al Museo del Louvre come già più volte aveva fatto in passato. L’involucro venne trattenuto in dogana e l’archeologo denunciato.

Ne scaturì un processo, al termine del quale il sequestro della statua venne commutato in confisca. Nel frattempo il reperto rimase in deposito giudiziario al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. E da lì non si è mosso per 40 anni, assieme ad almeno altri 15.000 oggetti di valore storico e artistico, sequestrati dalle forze dell’ordine dal 1969 al 2017 al culmine di vicende analoghe.

La Mater di Capua e altre opere recuperate nel 1990, dopo un conflitto a fuoco ad Ercolano.

Grazie ad un protocollo d’intesa sottoscritto dalla Procura partenopea e dal Museo esattamente un anno fa, tutti questi beni frutto di scavi clandestini, furti e traffici illegali di vario tipo, sono stati oggetto di un’operazione di ricerca e regolarizzazione dello stato giuridico. Vista l’enorme mole di dati da analizzare e manufatti da controllare, è stata formata una task force, con il contributo di carabinieri del Nucleo TPC e del Comando provinciale di Napoli, dell’università Federico II, che ha messo a disposizione docenti, ricercatori e laureandi, e naturalmente dipendenti e funzionari del MANN, coordinati dal direttore Paolo Giulierini.

Alcuni dei circa 15mila reperti in deposito giudiziario al MANN.

Sono stati analizzati 212 fascicoli conservati negli archivi del Museo, relativi ad un totale di circa 15.000 opere sequestrate da Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza, prevalentemente in Campania. E sono stati proprio i Carabinieri a ricostruire l’iter giudiziario di ogni singolo fascicolo. In parecchi casi, è stato necessario accertare in che modo il procedimento penale si fosse concluso e che tipo di decisione era stata presa dal giudice in merito alla destinazione dei reperti. Che in questo modo sono stati liberati dai vincoli e restituiti allo Stato.

Da questa ricerca storica è venuto fuori di tutto: dalle rarissime matres matutae provenienti dall’antico tempio di Capua, ritrovate in un’auto abbandonata a seguito di una sparatoria, ai numerosi reperti trovati a casa di un farmacista che era solito scambiare archeologia con sostanze psicotrope, dalla statua danneggiata e trafugata da un cortile di Fuorigrotta ai vasi di epoca romana che il sacerdote di un paese nei pressi di Nola aveva lasciato in eredità alla perpetua.

Tutto questo, e molto altro, è al centro di un convegno dal titolo Il tesoro dell’illegalità, luce dai depositi dal MANN, previsto l’8 novembre a Napoli, con studiosi e archeologi, il direttore generale dei musei, Massimo Osanna, così come i magistrati che hanno promosso e coordinato l’iniziativa, Vincenzo Piscitelli e Pierpaolo Filippelli. In futuro le principali opere recuperate dagli archivi del MANN saranno destinate ad una mostra, che come annunciato in un’intervista televisiva da Giulierini sarà ospitata nel mastodontico Palazzo Fuga, che andrà così a raddoppiare il MANN, uno dei gioielli di Napoli.  

Ultimi articoli

error: Copiare è un reato!