Arte e Vite salvate: la storia di Fernanda Wittgens
È arrivata su Rai 1 la vita di Fernanda Wittgens, la prima donna a dirigere la Pinacoteca di Brera in una Milano tra l’incubo della guerra e quello delle persecuzioni razziali. Era solita ripetere che “L’arte è una della più alte forme di difesa dell’umano” e seppe dimostrare di saper difendere l’arte e tante vite mettendo in gioco la propria. Dal film sulla storia poco conosciuta, e di per sé avvincente, di questa coraggiosa donna e intellettuale milanese in tanti si attendevano di più, al di là dello share, il 17,1%, e del numero dei telespettatori, 3.231.000.
Figlia del nuovo secolo, Fernanda viene fin da piccola educata all’amore per l’arte dal padre letterato, che su di lei avrà una grande influenza e che la spingerà a sviluppare uno spirito critico dimostrato sin dagli studi universitari, compiuti con risultati eccellenti. Sotto la guida di Ettore Modigliani – direttore e soprintendente alle gallerie d’arte della Lombardia – entra a far parte della realtà della pinacoteca di Brera, prima come operaia avventizia, poi come ispettrice. Quando Modigliani viene confinato a L’Aquila perché non ha voluto iscriversi al partito fascista Fernanda Wittgens assume la direzione della pinacoteca dopo aver superato il concorso. È la prima donna in Italia a ricoprire questo ruolo.
È grazie a lei se la guerra non ha distrutto tante delle opere d’arte che ancora oggi si possono ammirare a Milano. La Wittgens ha infatti salvato le opere di Brera, del Poldi Pezzoli e della Quadreria dell’Ospedale maggiore dalla razzia dei nazisti e dai bombardamenti. Ma non solo. Consapevole del proprio prestigio e delle possibilità offerte dalla sua posizione l’hanno portata a diventare il faro di molti perseguitati (ad esempio, il suo professore e mentore Paolo D’Ancona) che in lei vedevano l’unica chance di fuga, si dà fare per salvare anche la vita di tanti ebrei, perseguitati dai fascisti e dai nazisti. Verrà purtroppo tradita da un collaborazionista e arrestata, quindi condannata a quattro anni di prigione come nemica del fascismo. Scriverà alla madre: “E appunto perché non ho tradito la vera legge che è quella morale o sono provvisoriamente colpita. La legge dello stato si deve seguire fino a quando coincide con la legge morale, ma quando per seguirla bisogna diventare anti-cristiani si deve sapere disubbidire a qualunque costo”. E ancora: “Quando crolla una civiltà e l’uomo diventa belva, chi ha il compito di difendere gli ideali della civiltà, di continuare ad affermare che gli uomini sono fratelli, anche se per questo dovrà… pagare? Almeno i cosiddetti intellettuali, cioè coloro che hanno sempre dichiarato di servire le idee e non i bassi interessi, e come tali hanno insegnato ai giovani, hanno scritto, si sono elevati dalle file comuni degli uomini. Sarebbe troppo comodo essere intellettuali nei tempi pacifici e diventare codardi, o anche semplicemente neutri, quando c’è pericolo”.
Dopo la Liberazione, nella primavera del 1945, la Wittgens tornerà al suo lavoro. Convincerà le autorità ad impegnarsi nella ricostruzione degli edifici museali bombardati, ad acquistare la Pietà Rondanini e a ristrutturare il Cenacolo vinciano come lo conosciamo oggi. Nel 1950 Fernanda Wittgens restituirà a Milano una Brera completamente ricostruita. Scompare prematuramente a 54 anni, nel 1957. Giusta tra le nazioni, oggi riposa tra gli illustri del civico mausoleo Palanti al Monumentale di Milano.