Il centenario della nascita di Antonio Cederna con i vandali ancora in casa

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Oggi, ad un secolo dalla nascita di Antonio Cederna, indiscusso giornalista italiano del Novecento e protagonista dell’ambientalismo e della tutela del patrimonio storico, artistico e naturale italiano, verrebbe da chiedersi se I vandali in casa siamo riusciti a cacciarli.

«La rovina a Roma dell’Appia antica, la distruzione dell’ambiente intorno al Colosseo, gli sventramenti minacciati a Piazza di Spagna, a via del Babuino e a Fontana di Trevi, le distruzioni a Milano, a Lucca, a Vicenza, lo scempio che grava su Venezia, la deturpazione delle città italiane che in questi ultimi anni ha acceso polemiche di stampa, denunce, dibattiti pubblici e processi, è trattata ora organicamente da Antonio Cederna, cui va il merito forse più grande di questa opera di accusa contro i progetti dei vandali nostrani.

La tempestività dell’autore nei suoi interventi e il suo coraggio sono ormai noti a larghi strati dell’opinione pubblica. Con I vandali in casa egli ora scaglia il suo attacco più massiccio ed espone i motivi della sua critica.

Saper conservare è più moderno che distruggere. Urbanistica moderna e illuminata è quella che rispetta l’unità ambientale del centro antico e che in questo rispetto trova le premesse essenziali per lo sviluppo nuovo e razionale delle città. L’urbanistica che pianifica, ignorando e distruggendo le testimonianze della storia, non è né moderna né antica: è solo bassa speculazione e stupidità.

È un libro ricco di documenti e coraggioso; un grido di allarme che ogni cittadino dovrebbe intendere e meditare. I riferimenti sono espliciti: cose e persone vi sono chiamate col loro vero nome. Gli interessi tenacissimi degli affaristi e di alcuni privati vandali vi sono individuati e svelati. Al libro si addirebbe l’evangelico detto Oportet ut scandala eveniant

È una bandella ben scritta, efficace, quella che accoglie il cittadino lettore nelle pagine pubblicate da Laterza nel 1956, dedicate alla madre, e che raccolgono le denunce già apparse su Il Mondo. Archeologo prestato al giornalismo, intellettuale salito in politica, Cederna non le ha mai mandate a dire e per tutta la vita si è scagliato contro i vandali, quei suoi contemporanei «divenuti legione dopo l’ultima guerra, i quali, per turpe avidità di denaro, per ignoranza, volgarità d’animo o semplice bestialità, vanno riducendo in polvere le testimonianze del nostro passato: proprietari e mercanti di terreni, speculatori di aree fabbricabili, imprese edilizie, società immobiliari industriali commerciali, privati affaristi chierici e laici, architetti e ingegneri senza dignità professionale, urbanisti sventratori, autorità statali e comunali impotenti o vendute, aristocratici decaduti, villani rifatti e plebei, scrittori e giornalisti confusionari e prezzolati, retrogradi profeti del motore a scoppio, retori ignorantissimi del progresso in scatola. Le meraviglie artistiche e naturali del «Paese dell’arte» e del «giardino d’Europa» gemono sotto le zanne di questi ossessi: indegni dilapidatori di un patrimonio insigne, stiamo dando spettacolo al mondo.» E questa è solo una parte della prima pagina dell’introduzione: dalla furia di Cederna non si salva nessuno, e come potrebbe essere diversamente?

Antonio Cederna (Fonte: Archivio Cederna).

A distanza di sessantacinque anni, le chiese vanno in malora, depredate, vendute o affittate per sfilate e mostre immersive dal dubbio valore, come recentemente e ampiamente documentato in Chiese chiuse da Tomaso Montanari1.

Venezia è diventata La città di tutti per il profitto di pochi come recita il sottotitolo di Privati di Venezia, il volume fresco di stampa dell’urbanista Paola Somma per la collana Antipatrimonio di Castelvecchi: un terreno, anzi una laguna, di conquista per investitori turistici, una passerella per le firme dell’alta moda, una vetrina per (presunti) mecenati, insomma un lembo incomparabile in cui la salvaguardia non trova più casa da un pezzo. Un esempio su tutti: lo scempio del Fondaco dei Tedeschi. Si è mosso ultimamente qualcosa, con istituzionali tempi biblici, con il Decreto Grandi navi divenuto legge il 15 settembre 2021, dopo che è stato approvato in seconda lettura dalla Camera con 363 voti favorevoli, 15 contrari e 4 astenuti: sono state dichiarate monumento nazionale le vie d’acqua di Venezia ed è stato introdotto il divieto di transito alle Grandi navi nelle vie urbane del Bacino di San Marco, del Canale di San Marco e del Canale della Giudecca. Basta condomini del mare a spasso per la laguna e scampata l’iscrizione di Venezia nella lista dei patrimoni dell’umanità a rischio, per ora.

E poi i centri storici, anche quelli riconosciuti dall’UNESCO, a cui si sta drenando l’anima: «Firenze è una città in svendita, è una città all’incanto, una città che se la piglia chi offre di più: e gli amministratori di Firenze sono al servizio di questi capitali stranieri che prendono la città e la smembrano», ebbe a dire ancora Montanari nel corso di un’intervista rilasciata a Report l’8 giugno 2020; dichiarazione per cui il sindaco Dario Nardella e la sua giunta lo hanno querelato a metà dicembre, chiedendo un risarcimento totale di 165.000 euro per danni d’immagine in sede civile. Ritirata mesi dopo la querela, la sostanza non cambia: in quali mani è e com’è tutelata Firenze?

E poi i centri commerciali – non-luoghi per eccellenza – e le rotonde, spuntati come funghi, ovunque e in ogni stagione, elementi ingombranti odiati e osteggiati anche da Vittorio Sgarbi che si sono moltiplicati in tutto lo Stivale a danno di quella paesaggistica discontinuità armonica che dell’Italia ha fatto un Paese unico e ammirato da tutto il mondo.

E poi il giornalismo. Ancora Montanari l’11 agosto 2012 – mi si scuseranno le ripetute citazioni al rettore dell’Università per stranieri di Siena, ma sull’orizzonte nazionale sua è la voce, insieme e quella di pochi altri, che si alza per indicare e arginare l’andazzo – scriveva per Il Fatto Quotidiano: «Quanti archeologi o storici dell’arte seri accettano l’impegno civile di una scrittura giornalistica che non si riduca alle proficue marchette degli “eventi culturali” a cui i grandi quotidiani italiani dedicano ormai pagine e pagine a noleggio? Quasi nessuno tra i veri studiosi italiani di storia dell’arte pensa che tra i suoi doveri ci sia anche quella educazione dei cittadini al patrimonio e al paesaggio che è la premessa indispensabile di ogni tutela. E le cose peggiorano quando si parla di televisione: il piccolo schermo italico tollera il discorso sull’arte solo quando è ridotto ad una favoletta raccontata da intrattenitori, eccentrici quanto basta, ma rassicuranti».

Antonio Cederna, che non era affatto rassicurante, è stato un intellettuale scomodo, coerente e caparbio che non ha avuto alcun timore a chiamare per nome e cognome il potere e a richiamarlo alle inadempienti responsabilità di chi in Italia si doveva occupare di tutela del patrimonio culturale e ambientale. Che ne rimarrebbe oggi, ad esempio, dell’Appia antica e del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise? L’agro romano e le coste sarde comunque non sono riuscite a sottrarsi alla devastazione e alle colate di cemento. Fosse ancora tra noi, Cederna avrebbe scritto parole di fuoco e riempito i giornali contro gli incendi estivi nei parchi e nelle riserve naturali di mezza Italia, contro le infrastrutture inutili e i ponti che crollano, contro il consumo di suolo incontrollato – che ancora attende una legge e di cui si discute almeno dal 2012 – e la speculazione edilizia, contro la mancata prevenzione dei rischi: nel 2021 ancora si corre a recuperare, ormai tra il fango o tra le macerie, i corpi e le testimonianze della nostra storia. Ma «finché la maggioranza di politici e amministratori cercherà il consenso al livello più basso e considererà il territorio una merce di scambio, ben pochi passi avanti si faranno: ambiente, paesaggio e territorio sono beni comuni, collettivi, diffusi, e ogni attentato va considerato un delitto»2.

Resiste la “sua” Italia Nostra che si batte da nord a sud, denunciando la pressione antropica e la cementificazione delle Dolomiti o chiedendo «l’intervento del Presidente Sergio Mattarella per restituire legittimità e legalità agli organi preposti alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale siciliano». Lo ha celebrato in queste settimane la sezione romana, su iniziativa della Vicepresidente Annalisa Cipriani, con una serie di appuntamenti che si concludono oggi, «in un momento in cui il ceto politico è sempre più autoreferenziale e lontano dalle istanze migliori del paese, saldato a un ceto giornalistico che ha dato corso legale a una realtà fittizia, il servizio di informazione e denuncia civile praticato da Antonio Cederna rimane un insegnamento»3.

Note

1 Di cui già abbiamo scritto qui.

2 Antonio Cederna, Mattone selvaggio, L’Espresso, 22 aprile 1984.

3 Annalisa Cipriani, L’ambientalismo italiano deve molto ad Antonio Cederna, Il Fatto Quotidiano, 27 agosto 2021.

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