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Il tema della protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato è definito sin dai primi articoli della Convenzione dell’Aja del 1954. L’attuale conflitto tra Russia ed Ucraina ha riportato prepotentemente d’attualità questi princìpi. Come è purtroppo noto i conflitti armati hanno costituito e continuano a costituire una delle principali cause di danneggiamento e distruzione del patrimonio culturale mondiale, non solo per i motivi di conseguimento di obiettivi militari ma anche perché nella strategia del soggetto aggressore l’attacco ai beni culturali equivale al tentativo di annullare l’identità e la memoria storica del nemico, di cui i beni culturali costituiscono viva testimonianza. Con questa lettura si devono osservare le recenti azioni militari che hanno distrutto i Musei di Ivankiv, l’Università e l’Accademia di Cultura di Kharkiv e altri siti museali che in queste ore sono sotto attacco nella città di Kiev. Se da una parte l’UNESCO e l’ICOM hanno espresso una ferma condanna per le violazioni dell’integrità territoriale e della sovranità dell’Ucraina da parte delle forze militari russe, dall’altra hanno invitato la società civile europea a “vigilare sul potenziale aumento del contrabbando di materiale culturale proveniente dalla regione”, ricordando a tutti i Governi i loro obblighi internazionali ai sensi della Convenzione UNESCO del 1970 concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali, e della Convenzione UNIDROIT del 1995 relativa agli oggetti culturali rubati o esportati illegalmente.

In questo scenario di guerra tre fatti hanno colpito particolarmente.

Il primo riguarda il video di una giovane ragazza ucraina, Vera Lytovchenko, ripresa dai suoi compagni di bunker mentre suona col suo violino nell’affollato rifugio di Kharkiv restituendoci tutto lo stridore della ricerca di una normalità sognante da una parte e, dall’altra, della ricerca della salvezza tra le bombe a grappolo che piovono incessantemente sulla città.

Il secondo riguarda il video realizzato da 94 violinisti di 29 Paesi a sostegno del popolo ucraino. I musicisti suonano Verbovaya Doschechka, una canzone popolare ucraina, accompagnando “a distanza” i nove giovani colleghi, tra cui il ventenne Illia Bondaresko, filmato mentre suona il tema col suo strumento in un rifugio di Kiev. A coordinare la realizzazione del video è stata la violinista inglese Kerenza Peacock che ha affermato: “Ho stretto amicizia con alcuni giovani violinisti in Ucraina tramite Instagram e ho scoperto che alcuni erano in rifugi seminterrati ma avevano i loro violini. Così ho chiesto ai colleghi di tutto il mondo di accompagnarli in armonia. E mi sono stati inviati video da 94 violinisti di 29 Paesi in 48 ore. Una sorprendente collaborazione che ha formato un coro internazionale di violini a sostegno dell’Ucraina. Illia Bondarenko ha dovuto filmarlo tra un’esplosione e l’altra…”. 

L’ultimo riguarda il video che ritrae un soldato ucraino che suona l’inno nazionale col suo violino circondato dai suoi colleghi negli alloggi militari di Kiev. 

Tre esempi che ci ricordano come la bellezza della musica riesce a non farci sentire soli, a condividere emozioni, ad offrirci spunti di riflessione che prendono forma e restituiscono una comunicazione che va oltre le parole e le immagini tristi di questi giorni. 

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