Site icon The Journal of Cultural Heritage Crime

USA-Libia: un nuovo accordo bilaterale per la protezione del patrimonio culturale. Riflessioni e problematiche

(Tempo di lettura: 6 minuti)

Data al 23 febbraio scorso la firma congiunta di un Memorandum of Understanding tra Stati Uniti e Libia, teso a rafforzare le misure contro il saccheggio e il traffico dei beni archeologici ed etnologici  libici, impedendone l’ingresso in territorio americano

di Michela De Bernardin
 

Vista la drammatica escalation di violenza e instabilità politica che ha investito la Libia con la caduta di Gheddafi, era piuttosto prevedibile che, oltre alle perdite di vite umane, si sarebbero contati gravi danni al patrimonio storico-archeologico del paese. Importanti civiltà si sono qui incontrate e succedute nel corso dei secoli; le loro tracce archeologiche sono molteplici e diffuse, dalle pitture preistoriche nel cuore del Sahara ai centri costieri fondati da Fenici e Greci, poi conquistati da Romani, Vandali, Bizantini, Arabi e infine Ottomani. Il mosaico culturale del tutto unico che caratterizza questo territorio, da sempre in bilico tra Oriente e Occidente, appare in tal senso affine alla peculiare realtà siriana. Tuttavia, in mancanza di clamorosi casi di distruzione volontaria delle vestigia antiche, la comunità internazionale ha a lungo sottovalutato i rischi cui sono state esposte le aree archeologiche e i luoghi storici della Libia, rimasti pressoché abbandonati nell’infuriare degli scontri armati e delle dispute politiche.

 

Leptis Magna, sito archeologico (Ben Sutherland) (credits)

 

La Libia conta ben cinque siti di grande rilievo, da tempo elencati nella World Heritage List dell’UNESCO: la florida colonia greca di Cirene (WHL dal 1982), gli empori fenicio-punici, in seguito romanizzati, di Leptis Magna e Sabratha (WHL dal 1982), la città-oasi di Ghadames (WHL dal 1986) e il sito rupestre di Tadrart Acacus (WHL dal 1985). L’UNESCO ha deciso di inserire le località libiche nella List of World Heritage in Danger soltanto nel 2016, al contrario di quanto giustamente avvenuto per i siti di Iraq e Siria, registrati fra i monumenti in pericolo negli anni di poco successivi all’inizio dei rispettivi conflitti (2003, 2007 e 2013). Analogamente, solo nel 2015 l’ICOM ha pubblicato la Emergency Red List relativa alle tipologie di oggetti a rischio trafugamento dall’area libica; mentre per l’Iraq tale lista fu creata subito dopo il disastro al Museo di Baghdad nel 2003 (aggiornata nel 2015) e per la Siria venne stilata nel 2013.

Tra l’International Meeting of Experts on the Cultural Heritage of Libya del 21 ottobre 2011 e l’Expert Meeting on the Safeguard of Libyan Cultural Heritage del maggio 2016, l’UNESCO si è occupata delle problematiche specifiche afferenti la Libia nel 2013, quando furono organizzati, in collaborazione con l’Italia, dei workshop per la prevenzione e il contrasto del traffico illecito, indirizzati alle forze dell’ordine locali. La difficoltà di concertare attività di controllo con un’autorità politica affidabile risulta però evidente, se è lo stesso Department of Antiquities (DoA) a non inviare con regolarità lo state of conservation report relativo ai siti libici, richiesto annualmente dalla Commissione UNESCO. Nel frattempo, le aree archeologiche e i monumenti antichi continuano a subire danni bellici o dovuti all’edilizia urbana deregolamentata. A ciò si devono poi aggiungere furti e saccheggi, che in alcune zone, tra fine 2014 e fine 2016, sono stati gestiti dalle forze islamiste affiliate all’ISIS.

 

Sculture funerarie senza volto, Museo di Cirene (Sebastià Giralt)
(credits)

 

Quanto materiale di provenienza libica sia già emerso sul mercato (lecito o illecito) non è al momento possibile dirlo; tuttavia l‘arresto dell’antiquario Jaume Bagot Peix e del suo partner, avvenuto a Barcellona a fine marzo scorso, ha portato alla ribalta proprio il traffico nascosto di cui è stata vittima la Libia in questi lunghi anni di conflitto e incertezza politica. La richiesta di sostegno nella lotta al contrabbando, presentata agli Stati Uniti dall’attuale Governo di Accordo Nazionale, è un ulteriore segno della gravità della situazione in cui versa il patrimonio libico.

Firmato il 5 dicembre 2017, l’Emergency Act prevedeva l’imposizione di restrizioni all’importazione di categorie di reperti archeologici (dal Paleolitico al 1750) e oggetti di interesse etnologico (realizzati tra 1551 e 1911), secondo quanto illustrato dall’apposita Designated List. All’inizio del 2018, in linea con queste prime misure adottate dalla U.S. Customs and Border Protection, è stato stipulato tra i due governi  un vero e proprio accordo bilaterale (Memorandum of Understanding). Tale soluzione diplomatica trae i suoi presupposti dall’articolo 9 della Convenzione UNESCO del 1970, a sua volta strutturata nella legislazione americana con il Convention on Cultural Property Implementation Act (P.L. 97-446 del 1983, em. P.L. 100-204 del 1987), che stabilisce le condizioni e le modalità di realizzazione di bilateral o multilateral agreements (19 U.S.C. 2602) a vantaggio del patrimonio culturale internazionale.

UNESCO Convention on Cultural Property, 1970 – Article 9:
Any State Party to this Convention whose cultural patrimony is in jeopardy from pillage of archaeological or ethnological materials may call upon other States Parties who are affected. The States Parties to this Convention undertake, in these circumstances, to participate in a concerted international effort to determine and to carry out the necessary concrete measures, including the control of exports and imports and international commerce in the specific materials concerned. Pending agreement each State concerned shall take provisional measures to the extent feasible to prevent irremediable injury to the cultural heritage of the requesting State.

Novità sostanziale generata dall’accordo è la prevista offerta di restituzione alla Libia del materiale bloccato alla dogana statunitense, in quanto sprovvisto di licenza attestante la legittima esportazione (artt. I, 1-2). Viene inoltre promosso lo scambio reciproco di materiale archeologico ed etnologico (art. II, 5), e il governo americano si impegna a facilitare l’assistenza tecnica alla Libia nei suoi sforzi di seguire e rispettare le norme della Convenzione UNESCO del 1970 (art. II, 3). Il Memorandum ha validità quinquennale e può essere soggetto a rinnovo (art. IV, 1).

Gli U.S.A. hanno stabilito questo genere di accordi bilaterali con altri 16 paesi il cui patrimonio è frequentemente coinvolto nel traffico illecito, compresa l’Italia (2001, rinn. 2006, 2011 e 2016). A inizio maggio il governo americano deciderà inoltre se estendere l’agreement già in essere con la Cina (2009, rin. 2014) e se accogliere la nuova richiesta di import restrictions formulata dall’Ecuador. Nel caso della difesa dell’eredità storico-culturale della Libia, sia l’Emergency Act che il Memorandum si pongono perciò in prima linea di fronte a un problema finora passato quasi sotto silenzio. Secondo i dati forniti dall’Interpol ed elaborati di recente da Element Paints, la Libia si piazza addirittura al quarto posto, dopo Iraq, Afghanistan e Siria, tra i paesi con il maggior tasso di furti d’arte in generale… senza considerare il prodotto degli scavi clandestini.

 

Analisi di Element Paints

 

Sebbene attualmente in Libia le componenti estremiste affiliate al terrorismo islamico sembrino fuori gioco e non vi si siano segnalate distruzioni su larga scala, il quadro complessivo connesso al patrimonio culturale rende comunque auspicabile una presa di posizione a livello internazionale che comporti nei confronti del traffico illecito dei beni libici una decisione affine a quanto espresso per la Siria e l’Iraq tramite la UN-Security Council Resolution 2199  del 2015.

Art 17:  Reaffirms its decision in paragraph 7 of resolution 1483 (2003) and decides that all Member States shall take appropriate steps to prevent the trade in Iraqi and Syrian cultural property and other items of archaeological, historical, cultural, rare scientific, and religious importance illegally removed from Iraq since 6 August 1990 and from Syria since 15 March 2011, including by prohibiting cross-border trade in such items, thereby allowing for their eventual safe return to the Iraqi and Syrian people and calls upon the United Nations Educational, Scientific, and Cultural Organization, Interpol, and other international organizations, as appropriate, to assist in the implementation of this paragraph.

Leggi a protezione del patrimonio libico:
Law No. 3 of 1424 P.B. for the Protection of Antiquities, Museums, Old Cities and Historical Buildings (1994)
Regulatory decree No. 152 for the Protection of Antiquities, Museums, Old Cities and Historical Buildings (1995).
The Hague Convention of 1954 for the Protection of Cultural Property in the Event of Armed Conflict (rat. 1957); I Protocol (rat. 1957); II Protocol (1999, rat. 2001).
UNESCO Convention of 1970 on the Means of Prohibiting and Preventing the Illicit Import, Export and Transfer of Ownership of Cultural Property (rat. 1973).
Riferimenti e approfondimenti:

Sui siti UNESCO in Libia:

Sul caso Bagot:

Sul Memorandum:

Exit mobile version