[Aggiornamento del 21 maggio 2025, ore 13.35]
Il diritto di replica è un obbligo di legge, non una scelta arbitraria (L. 47/1948, art. 8).
Il rispetto dei doveri deontologici della professione giornalistica rappresenta un valore imprescindibile. In tale ottica, la Redazione di JCHC osserva scrupolosamente le regole che disciplinano il diritto di replica, pubblicando integralmente quanto viene segnalato di volta in volta, nel pieno rispetto del pluralismo dell’informazione.
[16 maggio 2025]
Per garantire il pluralismo nella comunicazione, in riferimento alla nota della Dott.ssa Privitera, Bronzi di Riace. A Siracusa un caso di archeomafia? Piuttosto, una palese messa in scena, pubblichiamo la colonna di replica del Dott. Madeddu, precisando che già ieri, 15 maggio avevamo provveduto ad anonimare, d’accordo con l’Autrice, la parte relativa alla provenienza della foto raffigurante una scultura bronzea sulla spiaggia di Brucoli.
La modifica era stata effettuata in seguito alla comunicazione di John Pedeferri che segnalava al Direttore di JCHC il qui pro quo come segue:
Chiedo gentilmente di pubblicare la mia nota in cui preciso che la fotografia mi fu recapitata anonimamente e che fui io a inoltrarla a Madeddu, il quale mi disse di averla ricevuta anche lui via posta. Entrambi ritenemmo si trattasse di un fotomontaggio e che di essa non dovesse essere fatta menzione in articoli giornalistici. Non fu dunque lui a mandarla a me. Del resto, in quei giorni ci sentivamo molto spesso perché stavo ultimando il Podcast sui Bronzi di Brucoli e, poiché Madeddu aveva ricevuto autonomamente la foto, mi era venuto spontaneo pensare che fosse stato lui a segnalarmela, anche se in realtà entrambi l’avevamo ricevuta per conto nostro. |
Al Direttore del “The Journal of Cultural Heritage Crime”
Egregio Direttore
Spiace rilevare che nell’articolo dal titolo “Bronzi di Riace. A Siracusa un caso di archeomafia? Piuttosto una palese messa in scena”, pubblicato ieri sul suo giornale a firma di Antonella Privitera, appaiono gravissime dichiarazioni, false e tendenziose, lesive della onorabilità e della immagine pubblica del sottoscritto, per le quali si è già dato mandato ai nostri legali di querelare l’autrice. Si tratta di dichiarazioni mendaci che mirano a costruire un fantomatico teorema secondo cui lo scrivente sarebbe stato l’autore dell’asserita e infondata messa in scena del caso di archeomafia a cui si fa riferimento nel titolo, manipolando testimoni e inviando al giornalista di Sky John Pedeferri il presunto fotomontaggio del bronzo ritratto sullo sfondo della baia di Brucoli.
In un primo passaggio, infatti, la Privitera parla dei fratelli Bertoni come dei “supertestimoni scovati dal Madeddu”. In un altro parla di testimoni che “proliferano come ife fungine, tutti collegati per amicizia e continuità territoriale al medico”. E in un altro ancora allude ad un incontro voluto dal sottoscritto a Siracusa presso la sua sede, insieme al testimone Enzo, per tediarla con argomenti “verso i quali – scrive la Privitera – non ero particolarmente interessata”. Ebbene il sottoscritto non ha mai conosciuto prima né i fratelli Bertoni, né il testimone Enzo, tanto è vero che in seguito alle loro testimonianze, rese spontaneamente ai mass media tra l’agosto e il settembre del 2024, lo scrivente è stato costretto ad aggiungere una appendice al proprio libro, come si può vedere consultando il volume. Piuttosto è la Privitera che conosceva ben prima il testimone Enzo, come mostra la sua mail del 24 giugno. Lo scrivente è stato per la prima volta informato dell’esistenza del testimone dal professor Cirrincione, da questi contattato il 26 luglio 2024. Riguardo poi al suddetto incontro, voluto a Siracusa dalla Privitera, quest’ultima si è mostrata tutt’altro che “disinteressata” alle ricerche dello scrivente, tanto è vero che l’indomani 29 agosto ci ha chiesto per wattsapp del materiale e il 1° settembre ci ha scritto: “Buonasera professore, spero di non disturbarla. Stavo riflettendo sulla nostra conversazione dello scorso mercoledi …”: toni e contenuti che sconfessano impietosamente quanto da lei sostenuto.
Ma le affermazioni ancora più gravi sono quelle con le quali la Privitera sembra insinuare nella mente del lettore insidiosi sospetti persino sul presunto fotomontaggio, scrivendo che sarebbe stato lo scrivente a mandare la foto al giornalista di Sky John Pedeferri. Peccato per lei che i messaggi wattsapp intercorsi tra lo scrivente e Pedeferri (puntualmente riprodotti in screenshot che saranno trasmessi alla magistratura) provano altrettanto impietosamente che è stato Pedeferri a inviare la foto allo scrivente il 9 ottobre 2024, chiedendo il parere dello scrivente, e non il contrario. Il sottoscritto con wattsapp dello stesso 9 novembre, peraltro, rispose a Pedeferri scrivendo “Secondo me potrebbe essere un fotomontaggio … C’è qualcosa che non mi convince”. E il risultato, infatti, fu che insieme all’editore e all’intero gruppo di lavoro decidemmo di non pubblicarla nel nostro libro, come si può vedere consultando il volume.
Nella stessa giornata di ieri, pertanto, ho chiamato Pedeferri per i dovuti chiarimenti e questi, cortesissimo, mi ha risposto scrivendomi: “Ciao Anselmo, ti chiamavo per dirti che manderò una nota di correzione alla redazione di Journal specificando che non sei stato tu a mandermela, ma io a mandarla a te …”.
Ebbene, ciò che trovo gravissimo è che piuttosto di leggere la smentita, vedo apparire nel pomeriggio di ieri una nuova versione dell’articolo della Privitera dove è stato modificato “silenziosamente” il finale, cancellando la parte diffamatoria che invece risultava presente nella versione pubblicata nella mattina e purtroppo già letta da tutti (ma da me conservata per gli utilizzi giudiziari). È ovvio, infatti, che chi ha già letto l’articolo non tornerà di norma a rileggerlo e, comunque, in mancanza di una smentita resa con la dovuta evidenza, avrà conservato nella mente la percezione fuorviante della prima versione.
Pertanto, nell’annunciare la mia denuncia per calunnia nei confronti dell’autrice dell’articolo, la invito a garantire il mio diritto di replica, almeno con pari spazio dato alla stessa autrice, pubblicando integralmente questo mio riscontro, e informandola, fin da adesso, che in caso contrario sarò costretto a estendere la mia denuncia anche alla direzione del giornale, al fine di tutelare la mia immagine, con conseguente pretesa risarcitoria, presso tutte le opportuni sedi giudiziarie, penali e civili.
Distinti saluti
Siracusa 16 maggio 2025
Dr. Anselmo Madeddu
The Journal of Cultural Heritage Crime (JCHC), con sottotitolo L’Informazione per la Tutela del Patrimonio Culturale, è una testata giornalistica culturale, registrata presso il Tribunale di Roma con n. 108/2022 del 21/07/2022, e presso il CNR con ISSN 2785-7182. Si configura sul web come contenitore di approfondimento, il primo in Italia, in cui trovano spazio i fatti che quotidianamente vedono il nostro patrimonio culturale minacciato, violato e oggetto di crimini. I fatti sono riportati, attraverso un linguaggio semplice e accessibile a tutti, da una redazione composta da giornalisti e da professionisti del patrimonio culturale, esperti nella tutela. JCHC è informazione di servizio, promuove le attività di contrasto ai reati e sostiene quanti quotidianamente sono impegnati nella attività di tutela e valorizzazione del nostro patrimonio culturale.