Comunicato Stampa del Nucleo TPC di Venezia
Nell’anno 2024 i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, in strutturale collaborazione con le Soprintendenze A.B.A.P. di Padova, Venezia e Verona, con l’U.M.S.T. – Soprintendenza per i beni e le attività culturali di Trento, con la Soprintendenza Provinciale ai bb.cc. di Bolzano, con la Direzione regionale Musei nazionali e con gli altri organi periferici del Mi.C., hanno recuperato 1.023 beni d’interesse culturale, per un valore complessivo stimato in euro 1.050.066. L’attività di contrasto ai reati di settore ha altresì portato al sequestro di 42 beni contraffatti (di cui 38 di arte contemporanea e 4 in ambito antiquariale), per un valore stimato di euro 111.000.000, quando immessi in vendita come autentici. Questo è il risultato complessivo dell’attività di recupero del Nucleo Carabinieri T.P.C. di Venezia, istituito nel 1995 per garantire un’azione diretta dell’Arma sul patrimonio culturale del Veneto, del Trentino – Alto Adige e del Friuli – Venezia Giulia.
L’attività operativa del Nucleo CC TPC di Venezia, che attualmente ha competenza sul Veneto e le province autonome di Trento e Bolzano, ha portato inoltre per l’anno 2024 alla denuncia di 111 persone per reati contro il patrimonio culturale, in significativo aumento rispetto all’attività repressiva dell’anno precedente (81 persone). In particolare, a distanza di poco più di due anni dall’entrata in vigore della Legge n. 22 del 22 marzo 2022, che con l’inserimento nel Codice Penale di 17 nuovi articoli (dal 518 bisal 518 undevicies) ha apportato un severo inasprimento delle pene per i reati in danno del patrimonio culturale, si registrano importanti segnali positivi, come si evince dall’analisi comparativa dei dati rispetto al 2023, che evidenzia un aumento del numero di persone denunciate per:
- danneggiamento di beni culturali (da 9 a 18);
- reati in danno del patrimonio paesaggistico (da 47 a 51);
- contraffazione di opere d’arte (da 2 a 15).
Anche l’attività preventiva ha visto un significativo incremento rispetto all’anno 2023, con l’aumento:
- dei controlli a siti e aree archeologiche (da 109 a 139), alle aree sottoposte a vincoli monumentali e/o paesaggistici (da 354 a 435);
- delle verifiche presso gli esercizi commerciali di settore (da 60 a 71), a fiere e mercati antiquariali (da 16 a 23).
La conclusione di alcune indagini ha permesso la consegna di beni d’interesse culturale ad enti pubblici, ecclesiastici e privati, che ne erano stati privati da azioni delittuose, di cui si enumerano, di seguito, le più rilevanti.
Il 25 gennaio 2024 sono state consegnate, al Museo Archeologico Nazionale di Adria (RO), 14 pregiate ceramiche archeologiche. I reperti sono rappresentativi di diverse classi ceramiche riferibili a corredi funerari, e coprono un arco temporale che va dal VII al IV sec. a.C. Si distinguono un primo nucleo più numeroso esemplificativo della produzione dell’Etruria, uno più piccolo di produzione apula, daunia, messapica. Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Trieste, sono state avviate nel settembre 2021, su segnalazione di uno studioso veneziano, quando i beni venivano posti in vendita nel triestino da un esercizio commerciale di settore. Sono state svolte perquisizioni locali e sequestri nelle province di Trieste e Bolzano. In particolare, gli accertamenti condotti hanno permesso di appurare che i reperti archeologici in questione, oggetto di varie alienazioni che hanno interessato anche l’estero, non erano all’origine accompagnati dalla necessaria documentazione attestante la legittima proprietà. Oltre al recupero dei beni descritti, le indagini hanno portato alla denuncia di 4 persone per ricettazione di beni culturali.
Il 4 aprile 2024 è stata consegnata, alla Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna, una collezione archeologica costituita da 18 reperti in ceramica, rappresentativi complessivamente di una produzione che si data tra il VII e il II sec. a.C. Detti reperti, sottoposti a sequestro, i cui esami tecnico-scientifici li avevano ricondotti a contesti italiani, erano stati oggetto di varie alienazioni che avevano interessato diverse regioni italiane. Gli stessi, inoltre, non erano all’origine accompagnati dalla necessaria documentazione attestante la legittima proprietà. Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Venezia, sono state avviate nel settembre 2023, nell’ambito di un’attività ispettiva della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna, con cui i Carabinieri TPC collaborano strutturalmente. Gli esami tecnici e storico-artistici effettuati dai funzionari archeologi della predetta Soprintendenza hanno permesso d’individuare, inoltre, 2 riproduzioni moderne di reperti archeologici: a tali beni sono state apposte le previste indicazioni di non autenticità. A termine indagini, nel febbraio 2024 il Tribunale di Venezia ha disposto pertanto la confisca dei 18 beni autentici e la loro destinazione al Ministero della Cultura. I due beni contraffatti, sempre su disposizione del Tribunale, sono stati restituiti al detentore, la cui collaborazione è stata altresì importante nel corso delle indagini.
Il 23 aprile 2024 presso il Museo delle Civiltà di Roma, sono stati consegnati 2 importantissimi reperti archeologici mesoamericani. Presentato il pendente in oro a doppia figura della cultura del Gran Coclé di Panama (650-1520 d.C.) che raffigura due guerrieri in atto di ostentare, ciascuno, un’insegna da guerra e un lancia-dardi. Il reperto è verosimilmente parte di un corredo funebre di un personaggio di alto rango, quale un capo, un sacerdote o uno sciamano. Vi è poi la statuina fittile appartenente alla cultura Nayarit, Messico nord-occidentale (100 a.C. – 300 d.C.), anch’essa parte di un corredo funerario, realizzata con ceramica d’impasto rossiccio, a cottura ossidante, con ingobbiatura in bianco crema e pittura in rosso. Rappresenta una figura femminile inginocchiata, con gli arti superiori (quello destro è mancante) semplicemente abbozzati e protesi in avanti. La figura è ornata da una collana, a più giri, di grani circolari sempre in rosso, e da un ornamento nasale a forma di mezza luna. A fronte della raffinata fattura, della rarità nelle raccolte italiane e della rilevante testimonianza dell’arte precolombiana dell’America Centrale, su proposta del Nucleo CC TPC di Venezia e istruttoria della Soprintendenza ABAP di Venezia, il Segretariato Regionale del Veneto ha dichiarato, per i 2 beni, l’interesse particolarmente importante previsto dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Venezia, sono state avviate nell’ottobre 2020, nell’ambito di un’attività ispettiva della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna. A seguito della verifica di diversi beni d’interesse culturale, custoditi presso un prestigioso palazzo veneziano, i due reperti mesoamericani, insieme ad altri 33 beni d’interesse archeologico, sono stati sottoposti a sequestro, stante l’assenza di un valido titolo di proprietà da parte del detentore, la cui collaborazione è stata altresì importante nel corso delle indagini. Dagli accertamenti effettuati sono emerse ipotizzabili responsabilità penali a carico di un soggetto deceduto, per i reati di ricettazione e messa in circolazione di beni contraffatti. A termine indagini, nel settembre 2023 il Tribunale di Venezia ha disposto la confisca dei beni, di cui 2 sono stati assegnati al Museo delle Civiltà di Roma, 33 alla Soprintendenza di Venezia. Tra questi ultimi vi è anche un ushabti egizio. Durante il corso delle indagini, i Militari del Nucleo CC TPC di Venezia si sono avvalsi di esami tecnici e storico-artistici effettuati dai funzionari archeologi delle Soprintendenze A.B.A.P. di Venezia e di Padova, del Museo delle Civiltà di Roma, dai docenti del Laboratorio del falso dell’Università RomaTre.
23.04.2024 – Museo delle Civiltà di Roma.
Il 14 giugno 2024 presso il Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro, è stata consegnata al direttore del museo la base di un’urna funeraria a cassetta, recante un’iscrizione dedicatoria. Il manufatto, realizzato in calcare, ha forma parallelepipeda con base pseudo-quadrata. Era destinato a contenere le ceneri del defunto nella cavità superiore, che in origine era protetta da un coperchio oggi mancante. La tipologia, molto diffusa in epoca romana, trova confronti anche in ambito concordiese. Sul lato frontale reca l’iscrizione dedicatoria incisa in caratteri capitali latini, parzialmente consunta e abrasa, mentre sul lato superiore è presente una cavità quadrangolare delimitata da un bordo leggermente rilevato. L’iscrizione risulta parzialmente leggibile, soprattutto perché alcune lettere sul margine sinistro risultano evànide. Si tratta di una dedica funeraria da parte di un individuo della famiglia degli Attii, [-] Attius Lucullus, a tre suoi parenti maschi: il padre, Lucius, lo zio paterno, Caius, e il fratello, del quale non si riesce a vedere bene l’iniziale del praenomen. La famiglia degli Attii è ben documentata ad Altinum da numerose iscrizioni. A Iulia Concordia, invece, risulta segnalato solo il monumento sepolcrale di una ex schiava di nome Attia Corinthis. L’iscrizione tra la fine del I secolo a.C. e la metà del I secolo d.C.
Urna funeraria a cassetta, cm. 30x60x63, prima e dopo il primo restauro.
Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Pordenone, sono state avviate nell’ottobre 2023, nell’ambito di un’attività ispettiva della Soprintendenza A.B.A.P. per l’Area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso. Il bene è stato ritrovato in un’area difficilmente accessibile, all’interno di un casolare nella campagna concordiese, parte di un’asse ereditario. A seguito della sua verifica, l’urna è stata sottoposta a sequestro, stante l’assenza di un valido titolo di proprietà da parte del proprietario del casolare, la cui collaborazione è stata altresì importante nel corso delle indagini, a partire proprio dalla denuncia di ritrovamento prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio. Gli accertamenti effettuati hanno permesso di ricostruire parte della storia del bene, che è stato per la prima volta rinvenuto in un campo agricolo nei pressi del casolare, tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni ’70 del secolo scorso. L’urna, oggetto pertanto del reato di rinvenimento fortuito non denunciato, è stata successivamente acquisita da altri soggetti responsabili quindi di ricettazione ed è rimasta abbandonata nel giardino del casolare, sino alla sua regolare denuncia alla Soprintendenza di Padova da parte dei nuovi proprietari dell’immobile. A termine indagini, nel gennaio 2024 la Procura di Pordenone ha disposto il dissequestro dell’urna in favore dello Stato, che è stata così assegnata al Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro. Durante il corso delle attività, i Militari del Nucleo CC TPC di Venezia si sono avvalsi di esami tecnici e storico-artistici effettuati dai funzionari archeologi della Soprintendenza A.B.A.P. di Padova e della Direzione Regionale Musei Veneto, nonché da docenti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Il 20 giugno 2024 presso il “Laboratorio sul Falso” dell’Università Roma Tre, è stata consegnata alla direttrice del Laboratorio una cariatide falsamente attribuita ad Amedeo MODIGLIANI. L’opera è stata presentata nell’aprile 2022 all’Ufficio Esportazione della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna, da parte di un’impresa veneziana di settore, per il rilascio dell’Attestato di Libera Circolazione (A.L.C.), come “Amedeo MODIGLIANI Senza Titolo, prima metà del 1913, matita su carta, cm 51*73*3, valore di 300.000 euro”. Fin da subito il disegno ha suscitato molte perplessità alla Commissione Esportazione, sia per quanto riguarda aspetti tecnici che stilistici. Oltre alla visione diretta, con l’utilizzo della lampada di Wood, l’opera è stata successivamente oggetto di riflettografia infrarossa (IR) anche sul retro. Scarse erano, inoltre, le notizie fornite nella richiesta dell’A.L.C. relativamente alla provenienza e alla circolazione pregressa dell’opera. In particolare il disegno appariva, agli storici dell’arte della Commissione Esportazione e ad altri studiosi interessati presso le Gallerie dell’Accademia, la Direzione Musei Statali della Città di Roma e la Scuola Normale Superiore di Pisa, corrispondere quasi esattamente a un altro disegno di cariatide di Modigliani, appartenente al Museum of Art di Philadelphia, al quale era stato donato nel 1943 dal collezionista Arthur Wiesenberger.
Così, nel luglio 2022 la Soprintendenza veneziana interessava in merito il Nucleo Carabinieri TPC che avviava le indagini del caso, dirette dalla Procura della Repubblica di Venezia. A fronte della contraffazione dell’opera emersa dagli esami storico-artistici, nell’agosto 2022 i Carabinieri TPC di Venezia sequestravano il disegno presso un’impresa veneziana di settore. Le indagini intantoricostruivano a ritroso la storia del disegno. L’impresa lagunare, che aveva richiesto l’A.L.C. alla Soprintendenza, aveva agito per conto di una prestigiosa Casa d’Aste parigina. Quest’ultima operava a sua volta su mandato di una Galleria d’arte antica abruzzese, che si era presentata al Ministero della Cultura come proprietaria dell’opera. I Carabinieri TPC accertavano, invece, che la Galleria in questione aveva avuto anch’essa ‘mandato a vendere’ da un privato domiciliato in Abruzzo. Questi aveva ricevuto in dono il dipinto dal padre adottivo, che a sua volta lo aveva acquistato da un’ulteriore Galleria d’arte abruzzese, chiusa da tempo. Per ulteriori verifiche tecniche sul disegno, i Carabinieri TPC di Venezia si sono rivolti al “Laboratorio sul Falso. Centro di studi per il contrasto alla falsificazione dei beni culturali e delle opere d’arte” dell’Università di Roma Tre, che vanta una consolidata esperienza nel settore e un’efficace collaborazione con il Comando CC TPC. Nel gennaio 2023, a termine accertamenti, il Laboratorio escludeva si trattasse di un’opera autentica di Modigliani. Le indagini individuavano così ipotizzabili responsabilità penali a carico di una persona, denunciata per messa in circolazione di opera d’arte contraffatta. A termine attività, nel febbraio 2024 il Tribunale di Venezia ha disposto la confisca del disegno, che è stato così assegnato al Laboratorio sul Falso dell’Università di Roma Tre.
Il 21 novembre 2024, a Treviso presso la Chiesa di San Francesco, il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, dopo 48 anni dal furto, ha consegnato al Vescovo una importante pala d’altare, la “Madonna del Carmelo” di Bartolomeo Litterini datata 1725. L’opera, olio su tela (176 x 96 cm) raffigurante la Madonna con in braccio Gesù bambino tra due Santi, risulta aver subito un restauro non documentato che ha portato alla rifoderatura e riverniciatura. Il dipinto era stato rubato dalla chiesetta della Madonna del Carmelo, annessa alla Villa Marini – Albrizzi – Rubelli in San Zenone degli Ezzelini (TV) in data 20 novembre 1976. L’evento delittuoso fu immediatamente denunciato dall’allora parroco, il quale ebbe la cura di eseguire preventivamente una fotografia della tela nella sua sede originaria. La denuncia di furto, e la corrispettiva fotografia presentata dal prelato presso la Stazione dei Carabinieri, fu successivamente acquisita dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ed inserita all’interno della “Banca Dati dei Beni Culturali illecitamente sottratti”, il più grande data base per l’archiviazione informatizzata delle immagini di opere d’arte gestita dal Comando Carabinieri TPC. Rimasta vuota la nicchia dell’altare, considerato il notevole valore devozionale all’interno della comunità sanzenonese, un artista locale ne realizzò una copia fedele pochi anni dopo il furto, permettendo di colmare quel vuoto.L’attività di monitoraggio del mercato antiquariale, svolta dai militari del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia sul territorio e sul web, ha permesso di individuare l’opera del Litterini in vendita presso un negoziante padovano. Tramite l’utilizzo della Banca Dati TPC è stata constatata la perfetta corrispondenza tra l’opera in vendita e quella oggetto di furto. Dal controllo amministrativo eseguito nei confronti dell’esercente padovano, l’opera è risultata regolarmente iscritta nel Registro di P.S., come da normativa del T.U.L.P.S., e non più in sede poiché venduta. Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Padova hanno permesso di accertare che l’opera in esame proveniva da privato cittadino, il quale l’aveva ricevuta per lascito ereditario e, pertanto, estraneo ai fatti delittuosi. La successiva fase investigativa ha consentito di localizzare la pala d’altare in territorio capitolino e, pertanto, porla in sequestro mediante la collaborazione dei colleghi del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Roma.
Opera censita nella Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti | Opera posta in vendita sul sito internet del commerciante |
Recuperata la preziosa tela, veniva fatta esaminare dal funzionario tecnico della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, il quale confermava l’esatta corrispondenza dell’opera sequestrata con quella trafugata.
Il 22 novembre 2024 il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia ha consegnato, ai Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna, una testa in marmo raffigurante la dea Diana. Il manufatto risulta essere parte di una composizione più grande, molto probabilmente una statua a corpo intero, in scala 1:1, fatta per essere vista in posizione frontale (o al più laterale) e in origine verosimilmente esposta all’interno di una nicchia, o comunque addossata a una muratura, poiché il retro si presenta appena abbozzato. L’acconciatura, costituita da una folta capigliatura a boccoli morbidi con scriminatura centrale, frangia riportata verso l’alto e annodata al centro a formare un fiocco, ciocche pendule sulla nuca e chignon, è unicamente riservata alle divinità e non risulta mai utilizzata nelle raffigurazioni di comuni mortali proprio a rimarcare il carattere esclusivo: è un tratto in particolare peculiare delle divinità femminili, specialmente di Venere/Afrodite e Diana/Artemide, mentre nella sfera maschile sembra connotare solo determinate figure, in primo luogo Apollo. L’opera è sicuramente attribuibile a una produzione romana e risulta con buona probabilità prodotta da una bottega dislocata nella penisola italiana (verosimilmente in ambito centro-italico). Per tipologia, si può tuttavia escludere la provenienza da un contesto santuariale e suggerire invece la collocazione originaria all’interno di un’abitazione privata di alto rango (villa), o al più in spazi pubblici destinati al diletto (terme).
Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Venezia, sono state avviate dal Nucleo CC TPC nel luglio 2023, nell’ambito di un’attività ispettiva della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna: il bene è stato ritrovato in una cantina di un immobile veneziano, parte di un asse ereditario. A seguito della sua verifica, il bene è stato sottoposto a sequestro, stante l’assenza di un valido titolo di proprietà da parte del proprietario dell’immobile, la cui collaborazione è stata altresì importante nel corso delle indagini, a partire proprio dalla denuncia di ritrovamento prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio. Gli accertamenti effettuati hanno permesso di ricostruire parte della storia del bene, che è stato per la prima volta rinvenuto in un campo agricolo in Toscana, tra la fine degli anni ’40 e gli inizi degli anni ’50 del secolo scorso. Il manufatto, oggetto pertanto del reato di rinvenimento fortuito non denunciato e furto di beni culturali, è stato successivamente acquisito da altri soggetti responsabili quindi di ricettazione, ed è rimasto abbandonato presso un’abitazione veneziana, sino alla sua regolare denuncia alla Soprintendenza di Venezia, da parte dei nuovi proprietari dell’immobile. A termine indagini, nel marzo 2024 la Procura di Venezia ha disposto il dissequestro del bene a favore dello Stato, che è stato così assegnato ai Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna.
[Fonte: Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia].
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