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Epigrafe con dedica ad Adriano: scomparsa, recuperata e nuovamente scomparsa. O dimenticata?

(Tempo di lettura: 4 minuti)

Alla fine del 1996, a seguito di un’operazione lampo, recuperammo una tavola in marmo di grande rilevanza storico – archeologica. La tavola era stata rinvenuta molti anni prima nell’arce di Nomentum. L’opera fu dapprima fotografata dal Prof. Lorenzo Quilici e successivamente pubblicata dal Prof. Corrado Pala; dopo questi studi se ne perse ogni traccia. Fu il signor Maurizio Brunacci a far riemergere la memoria dell’importante testimonianza storica. Questi espose i fatti al Generale Roberto Conforti, specificando che già da un anno il Comitato promotore del Parco Archeologico-Naturalistico di Nomentum (PAN) si stava interessando della questione. Il Generale Conforti mi convocò la mattina stessa e mi chiese di occuparmi del caso. 

Il giorno successivo con il collega Gaetano Lombardi sentii il Brunacci e cercai di ricostruire l’intera vicenda. L’epigrafe marmorea era stata rinvenuta spezzata e mutila negli anni Sessanta durante lavori agricoli sul Montedoro, ove era ubicata l’arce dell’antica Nomentum, e quindi collocata presso la Villa Dominedò da dove scomparse. Si tratta di un’epigrafe di valore inestimabile per la cittadinanza mentanese, trattandosi di una dedica della Res Publica Nomentanorum all’Imperatore Adriano, restauratore dei templi dell’antico municipio nei pressi della città. 

Dopo quattro giorni dall’avvenuta denuncia convocai il signor Brunacci e gli comunicai che avevamo ritrovato l’opera presso un’abitazione privata. Purtroppo la lastra aveva subito notevoli danneggiamenti al momento della muratura e, sopratutto, al momento della rimozione: erano infatti andati perduti quattro dei quindici frammenti originariamente rinvenuti, uno sulla modanatura superiore e tre nella zona superiore centrale. La tavola marmorea venne subito trasferita per un restauro e affidata alla dr.ssa Patrizia Cocchieri, dell’Istituto per il restauro dell’allora Soprintendenza Archeologica per il Lazio presso il laboratorio di Villa Adriana (Tivoli). Il restauro consentì agli studiosi di fare un’importante scoperta.

Il Comune di Mentana festeggiò il ritrovamento con un convegno e la premiazione con la cittadinanza onoraria del personale che aveva operato il recupero. In un primo momento la lapide ritrovata fu collocata nella sala del Sindaco. La ex Soprintendenza Archeologica per il Lazio la trasferì successivamente all’Antiquarium di Monterotondo e infine per motivi di sicurezza nei depositi del Santuario di Ercole a Tivoli, che dal 2014 fanno parte dell’Istituto Autonomo Villa Adriana-Villa d’Este (VA.VE.). L’ufficio del sindaco non fu infatti ritenuto idoneo a custodire una testimonianza storica cosi importante, essendo privo di un adeguato sistema di sicurezza. Si optò quindi per la conservazione presso il deposito della Soprintendenza, sottraendo il bene alla comunità. Bisogna sottolineare che da quello stesso deposito era sparita la famosa kylix di Poggio Sommavilla, poi recuperata dai Carabinieri del TPC a Brema in Germania.

È notizia di questi giorni che la tavola marmorea è nuovamente scomparsa. Personalmente non credo in questa misteriosa scomparsa, ritengo invece nell’incompetenza e nell’incapacità di chi avrebbe dovuto custodire e tutelare l’importante testimonianza storica e assicurarsi che non se ne perdesse la memoria né la traccia negli appositi registri. Non sono più in servizio attivo pertanto mi limiterò a dare un consiglio. L’epigrafe, se ancora non è stata sottratta, dovrebbe giacere ancora abbandonata in qualche angolo nel Santuario di Ercole Vincitore. 

Con l’auspicio che venga cercata con la stessa determinazione che ebbero i carabinieri del TPC nel 1996, quando la ritrovarono e la ricollocarono dove la storia la mise.

SCHEDA EPIGRAFICA:
Grande tavola di marmo bardiglio scorniciata, mancante di una consistente parte verso il margine destro, ricomposta attualmente da undici frammenti. Sulla superficie, definita da una cornice a listello a gola rovescia, è incisa una grande iscrizione (a); mentre sullo spessore del lato sinistro, che appare sbozzato, il restauro eseguito nel 1997, ha evidenziato in posizione centrale una seconda e più breve iscrizione (b), contemporanea alla prima.
Dimensioni: cm 53 x 76-64 x 4,5-3,5.
Altezza lettere: cm 7,5-4 (fronte); cm 2,5 (spessore lato sinistro).

a) fronte:  

Imp(eratori) Caesari T[raiano]
Hadriano Aug(usto), [pont(ifici) max(imo)]

trib(unicia) pot(estate) XX, im[p(eratori)II, co(n)s(uli)III, p(atri) p(atriae)
Res Publica Noment[anor(um)—]

suo et aedium sa[cr(arum) restitutori(?)].

b) spessore del lato sinistro
Bonae Deae

La Professoressa Granino Cecere sottolinea che dopo l’età augusteo-tiberiana, molto raramente si hanno attestazioni del patronato di un centro urbano tenuto da un imperatore. La dedica della Res Publica Nomentanorum è posta ad Adriano in quanto aedium sacrarum restitutor. L’imperatore, quindi, avrebbe fatto restaurare alcuni edifici sacri a Nomentum (da qui la necessità di indicare su uno spessore della lastra l’edificio di destinazione dell’epigrafe) e tra questi doveva figurare anche uno dedicato a Bona Dea, divinità verso la quale Adriano sembra avere una particolare venerazione.
La menzione, nella titolatura dell’imperatore, della XX podestà tribunizia data con esatezza l’iscrizione al 136 d.C.
(Fonte: Eugenio Moscetti, Tra Nomentum e Corniculum, Monterotondo 2012, pag 305,306).

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