Questa è una rapina! Forse. Allo Stewart-Gardner di Boston 13 tele rubate, 5 omicidi, 10 mln di dollari di ricompensa – I

(Tempo di lettura: 6 minuti)
L’Isabella Stewart Gardner Museum (cortile).

CAPITOLO PRIMO


È una sera di fine inverno, una qualunque? No, a Boston, è la notte di San Patrizio, esattamente il 17 marzo 1990. Le strade sono piene di gente, i pub spillano birra senza sosta, la città è nel pieno dei festeggiamenti.

18 marzo, ore 00:45
Poco distante dal centro, ci sono due amici che camminano in Palace Road, stanno chiacchierando tra loro quando notano qualcosa che non avrebbero più dimenticato: sono davanti all’Isabella Stewart Gardner Museum, davanti all’ingresso c’è parcheggiata una Daytona grigia-cinque porte, al suo interno ci sono seduti due uomini, sulla manica della giacca di uno di questi riconoscono lo scudetto della Polizia di Boston.
Forse per un senso di timore reverenziale si allontanano, più silenziosamente di quanto non avessero fatto poco prima.

18 marzo, ore 07:00
Qualcosa non va, e ne sono accorte subito le due guardie che avrebbero dovuto sostituire i colleghi del turno di notte: di loro non c’era traccia. Viene immediatamente dato l’allarme, la Polizia arriva sul posto ed inizia il giro di perlustrazione.

18 marzo, ore 08:00
Anne Hawley, neo insediata direttrice dell’Isabella Stewart Gardner Museum, viene chiamata a casa dal responsabile della sicurezza.

C’è stato un furto. Deve venire subito!

(Charles Heidorn, responsabile della sicurezza Isabella Stewart Gardner)

Sconcerto, rabbia, soggezione. L’Isabella Stewart Gardner Museum è stato rapinato durante la notte, sono 13 le opere d’arte trafugate, di cui 11 tele letteralmente ritagliate dalle loro cornici.

Lo trovavo totalmente incomprensibile. Se vuoi rubare un’opera d’arte perché trattarla in quel modo?

(Anne Hawley, direttrice Isabella Stewart Gardner Museum)

18 marzo, ore 09:15
Lo staff è attonito, la direttrice è senza parole, nel frattempo la polizia trova le guardie nel seminterrato dell’edificio legate con del nastro adesivo, sono Ricky e Randy.

Il museo viene inghiottito da un’atmosfera surreale: dopo la Polizia di Boston arriva anche l’FBI che istantaneamente comincia a lavorare sulle prove raccolte sul posto. Ci sono diversi elementi che non tornano o, forse, è proprio in virtù di questa presunta mancanza di senso che il furto può essere ricondotto ad un piano, molto più ampio, di cui si fatica a vedere i confini. A cominciare dalle opere rubate: scelte, cercate nelle diverse sale del museo.

SALA OLANDESE (2° piano)
Tempesta sul mare di Galilea, Rembrandt, 1633, olio su tela.
Dama e gentiluomo in nero, Rembrandt, 1633, olio su tela.
Concerto a tre, Vermeer, 1658-1660, olio su tela.
Paesaggio con obelisco, Governt Flick, 1638, olio su tavolo di quercia.
Bicchiere, artista sconosciuto, dinastia Shang, bronzo.
Autoritratto, Rembrandt, 1634, incisione.

GALLERIA PICCOLA (2° piano)
Studi di cavalieri a cavallo (cinque), Degas, 1850-1880, matita/inchiostro/acquerello su carta.
Ornamento bandiera napoleonica, 1810 ca, bronzo.

SALA BLU (1° piano)
Da Tortoni, Manet, 1878-1880, olio su tela.

Era come se avessero una lista della spesa.

(Tron Brekke, FBI)

Ma come si sono svolti i fatti nel corso della notte precedente?

17 marzo, 00:00 ca.
Richard Abath, una delle due guardie di notte, esegue il consueto giro di ronda dotato di walkie talkie e torcia, attraversando tutte le sale e le gallerie.

18 marzo, ore 00:27
Il sistema d’allarme rileva una presenza nella sala Blu, al primo piano. Scatta il sensore della porta d’uscita del corridoio.

18 marzo, ore 00:28
Nuovo allarme: è sempre il corridoio adiacente alla Sala Blu, ma questa volta è la porta d’entrata. È possibile che Abath sia uscito ed entrato nello stesso minuto? Per quale motivo?

18 marzo, ore 00:45
Ricky Abath ritorna in postazione per dare il cambio al collega Randall, che quella sera è arrivato in emergenza per sostituire un’altra guardia, Joe Mulley.

18 marzo, ore 00:45 – 00:53
Le telecamere di sorveglianza rilevano l’arrivo di una macchina.

18 marzo, ore 01:01
Abath apre e chiude la porta principale del museo su Palace Road. A che scopo?

18 marzo, ore 01:24
Due uomini si presentano davanti alla porta del museo, suonano il campanello. “Dalla telecamera sembravano due poliziotti. «Polizia di Boston. Ci hanno segnalato un problema qui». Li feci entrare. Mi chiesero se ero da solo. «Credo ci sia un mandato d’arresto per te. Puoi allontanarti dalla scrivania? Signori, questa è una rapina» (Richard Abath).

18 marzo, ore 01:48
Sono trascorsi 24 minuti, senza che vengano rilevati movimenti. Scattano ripetutamente gli allarmi delle sale al secondo piano: la sala olandese, la sala italiana, il salone piccolo, di nuovo la sala olandese e il corridoio del secondo piano.

18 marzo, ore 02:15 – 02:23
Nessuna nuova rilevazione dei sensori di movimento. Poi un nuovo allarme.

18 marzo, ore 02:28 – 02:40
Silenzio.

81 minuti, 81 minuti interminabili di cui 48 senza allarmi.
A seguito della sconcertante scoperta i giornalisti invadono la zona antistante l’ingresso, i telefoni suonano, suonano all’impazzata. Non c’è tregua: tutti vogliono sapere cos’è successo all’Isabella Stewart Gardner Museum.

Neanche l’FBI aveva un’unità dedicata ai furti d’arte. È stato tremendo…era come se fosse morto uno di famiglia.

(Anne Hawley, direttrice Isabella Stewart Gardner Museum)

Arnold Hiatt, membro del consiglio del museo ritiene essenziale fare subito qualcosa: offrire una ricompensa. La visibilità mediatica del museo è incredibile, tanto che Sotheby’s e Christie’s propongono di dare all’Isabella Stewart Gardner Museum 1 milione di dollari da offrire come ricompensa.
La macchina investigativa prende avvio: gli interrogativi e le domande sono molte; tutte le persone e le istituzioni coinvolte cercano di farsi un’idea.
L’ex assistente procuratore Robert Fisher, evidenzia come il lasso di tempo trascorso sia lunghissimo, aggiunge inoltre che è assolutamente inaudito che dei ladri, allo scattare di un solo allarme, non fuggano. Erano forse a conoscenza delle falle del sistema di sicurezza del museo? Chi poteva averli informati?

L’unico modo per allertare la polizia era premere il tasto di emergenza sotto la scrivania delle guardie, ma i due uomini, avendole fatte allontanare, avevano neutralizzato il problema. Inoltre la stampante, che registrava l’attività dei sensori di movimento, insieme alle registrazioni video erano state portate via. Così per riuscire a ricostruire come si erano svolti i fatti, o quantomeno per cercare d’interpretare i movimenti nel corso della notte, si era partiti dall’hard disk del sistema di sicurezza a cui, per giunta, Steve Keller, consulente per la sicurezza del museo ha avuto accesso solo diversi anni dopo il furto.

È chiaro che il colpo sia stato pianificato con un fine preciso: chiunque l’abbia commissionato sapeva bene che sarebbe stato complesso piazzare le opere anche sul mercato nero e che quindi, per diverso tempo, le tele sarebbero dovute rimanere nascoste.

L’opera d’arte viene rubata perché il ladro sa già cosa farne: è lì che nascono i problemi.

(Dick Ellis, ex capo squadra Arte e Antichità di Scotland Yard)

E se la vendita ad un privato non fosse l’effettivo movente?

Questa è una rapina! … O forse non solo.

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