Iran: le minacce di Trump e il diritto internazionale a rischio violazione

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Donald Trump (Getty Images)

 

Fine anno di fuoco. Botta e risposta tra Stati Uniti, Iraq e Iran a concludere il 2019. Più di 30 razzi lanciati contro la base americana di Kirkuk nell’Iraq del nord il 27 dicembre innesca una rapida escalation di eventi tutt’oggi al culmine della tensione tra Iran e USA. L’Attacco non può rimanere impunito ed ecco puntuale la risposta, con l’ordine di Trump di colpire. Lo fa domenica 29 dicembre con raid lanciati contro diverse strutture della milizia filoiraniana Kataib Hezbollah al confine tra Iraq e Siria. Il 31 dicembre migliaia di manifestanti si sono radunati fuori dall’ambasciata Usa a Bagdad e l’hanno assaltata per protestare contro i raid, nei quali hanno perso la vita 25 miliziani, oltrepassando quindi il checkpoint della Green Zone, abitualmente blindata. Il presidente americano, Donald Trump, accusa l’Iran di aver “orchestrato l’attacco all’ambasciata americana a Baghdad”, che sarebbe quindi stato opera di “terroristi” sostenuti da “alleati dell’Iran”, come aggiunto nella notte dal segretario di Stato americano Mike Pompeo.

La morte di Qasem Soleimani. Alle prime luci dell’alba del 3 gennaio 2020, su ordine del presidente Trump, un drone statunitense attacca l’aeroporto internazionale di Baghdad, dove vengono uccisi il generale Qasem Soleimani, capo della Forza Quds, e il capo delle Forze di Mobilitazione Popolare sciite irachene Abu Mahdi al-Muhandis. A capo della Forza Quds, l’unità delle Guardie della Rivoluzione responsabile per la diffusione dell’ideologia khomeinista fuori dalla Repubblica Islamica dal 1998, Soleimani era considerato il responsabile delle attività paramilitari che hanno portato all’uccisione di migliaia di americani dal 2011 e in ultimo all’assalto all’ambasciata americana lo scorso 31 dicembre. L’uccisione di Soleimani rappresenta l’ultima dimostrazione di forza di Trump, il quale ha ben espresso così l’intenzione di terminare l’escalation innescatasi giorni prima e che aveva in ultimo portato alla violazione della Green Zone.

 

 

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Le manifestazioni in Iran

 

Le dichiarazioni di Trump. Non si sono fatti attendere i “cinguettii” del presidente americano nei quali esprime chiaramente come a quell’azione non debbano seguire atti di ritorsioni e, qualora ciò accada,

sono stati presi di mira 52 siti iraniani (che rappresentano i 52 ostaggi americani presi dall’Iran molti anni fa), alcuni di livello molto alto e importante per l’Iran e la cultura iraniana, e quegli obiettivi e l’Iran stesso, SARANNO COLPITI MOLTO VELOCEMENTE E MOLTO DURAMENTE. Gli Stati Uniti non vogliono più minacce!

Il presidente Trump minaccia direttamente di colpire i siti culturali rifiutando di considerarlo un atto che verrebbe inevitabilmente condannato come un crimine di guerra in base al diritto internazionale.

 

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Violazioni del diritto internazionale. Che Donald Trump si rifiuti o meno di accettarlo, un attacco deliberato contro siti di interesse culturale è considerato un crimine sulla base del diritto internazionale pattizio a partire dalla Convenzione per la protezione dei Beni Culturali in caso di conflitto armato (Aja 1954), ratificata dagli Stati Uniti nel 2009, nella quale risulta immediatamente chiaro come per i BBCC sia da seguire un protocollo di inviolabilità esclusi dei casi limite. Ad aggravare la situazione è la palese intenzione che questi attacchi rappresentino un’azione di rappresaglia mentre la Convenzione specifica che “Essi [le Parti Contraenti] s’impegnano ad astenersi da ogni misura di rappresaglia diretta contro beni culturali” (Art. 4 c. 4). Ben inteso che a nulla vale l’auto esclusione degli Stati Uniti dall’UNESCO, promotrice della Convenzione, in quanto ció non li esime dal rispettare i Trattati già ratificati.

È del 2017 la Risoluzione 2347 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in cui si afferma “che la distruzione illegale del patrimonio culturale, il saccheggio e il contrabbando di proprietà culturali in caso di conflitti armati, in particolare da parte di gruppi terroristici, e il tentativo di negare le radici storiche e la diversità culturale in questo contesto possono alimentare e esacerbare i conflitti e ostacolare la post-conciliazione nazionale di conflitto, minando in tal modo sicurezza, stabilità, governance, sviluppo sociale, economico e culturale degli Stati interessati” e che dunque “Deplora e condanna la distruzione illegale del patrimonio culturale, tra l’altro la distruzione di siti e manufatti religiosi, nonché il saccheggio e il contrabbando di beni culturali da siti archeologici, musei, biblioteche, archivi e altri siti, nel contesto di conflitti armati, in particolare da parte di gruppi terroristici”. Ciò significa che in ambito NATO questa minaccia risulta assolutamente illecita.

In ultimo, lo Statuto di Roma stabilisce che in materia di crimini di guerra rientra in questa categoria “dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all’educazione, all’arte, alla scienza o a scopi umanitari, a monumenti storici, a ospedali e luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti, purché tali edifici non siano utilizzati per fini militari”.

Sulla base del diritto internazionale dunque le potenziali azioni del presidente Trump rappresenterebbero una palese violazione di questi ed altri Trattati ai quali gli Stati Uniti aderiscono e a nulla valgono le parole del Segretario di Stato Mike Pompeo secondo il quale “Ogni obiettivo che viene riesaminato, ogni sforzo compiuto sarà sempre condotto all’interno delle leggi internazionali di guerra” e che gli Stati Uniti avrebbero risposto a qualsiasi rappresaglia da parte dell’Iran “in modo coerente con lo stato di diritto” poiché tali posizioni risultano oltremodo inconciliabili.

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